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Renzi: conosciamo bene la Libia
Siamo in grado di intervenire

Il premier a 'In mezz'ora': "In Libia l'Isis non è così forte come vuol far credere"

ROMAL'Italia è in prima linea in Libia ed è «in grado di intervenire»: la priorità adesso è sul campo della diplomazia, per favorire una soluzione politica, ma «un domani» si potrà guidare anche un possibile intervento di peacekeeping. Al momento, comunque, il nostro Paese «non è sotto attacco».  Il premier Matteo Renzi, in un'intervista a 'In mezzòorà, ribadisce l'impegno alla leadership italiana nella crisi libica, pur utilizzando toni rassicuranti: «Voglio dare un segnale di tranquillità all'Italia», in Libia «conosciamo come stanno le cose» perchè «siamo i numeri uno» a livello di intelligence e «siamo in grado di intervenire», spiega, precisando allo stesso tempo che «non siamo sotto attacco» dell'Isis, «in questo momento non così forte in Libia come vuol far credere». Anche se, puntualizza, «non possiamo sottovalutare niente».

Così, mentre l'Egitto prosegue le sue operazioni militari sul terreno - il presidente Sisi è tornato a chiedere una «forza araba unificata» antiterrorismo - la comunità internazionale, Italia compresa, resta concentrata sui negoziati tra le parti in Libia, per favorire la nascita di un governo di unità nazionale che faccia fronte comune contro l'Isis. Giovedì in Marocco è atteso il prossimo round di colloqui sotto mediazione Onu fra i due principali schieramenti contrapposti, il governo riconosciuto dalla comunità internazionale di Tobruk e quello 'parallelò di Tripoli.  L'Italia parla con Tobruk, ribadisce Renzi, ammettendo però che la strada è in salita, perchè l'inviato spagnolo Bernardino Leon «sta facendo di tutto nelle condizioni possibili» ma «senza risultati». In quest'ottica, il nostro Paese è pronto ad assumere la «leadership diplomatica», innanzitutto per coinvolgere altri Paesi, non solo quelli dell'area. Un «attore chiave» potrebbe essere Vladimir Putin, che Renzi incontrerà a Mosca a inizio marzo, a patto però che il presidente russo «esca dall'Ucraina».

Il premier italiano, più in generale, chiama l'Onu a maggiori responsabilità: l'ultima volta l'intervento per destituire Gheddafi «fu molto improvvisato e ora si pagano le conseguenze. Fu giusto cacciarlo, ma ora è in corso una battaglia sul futuro del nostro mondo». L'Italia si candida anche alla leadership di una possibile missione di peacekeeping, aggiunge Renzi. Il quadro è stato definito nei giorni scorsi in Consiglio di Sicurezza dal nostro rappresentante, l'ambasciatore Cardi, e prevede un contributo al monitoraggio del cessate il fuoco e al mantenimento della pace e l'addestramento delle forze armate confluite in un esercito regolare.  La crisi libica ha dirette implicazioni anche sul maxi esodo di migranti verso le nostre coste. Renzi assicura che «non arriverà mezzo milione di persone, perchè interverremo prima e in modo diverso», ma ricorda i «170mila» giunti finora, un numero «inaccettabile» su cui l'Europa «non deve fare lo struzzo nascondendo la testa sotto la sabbia».

Anche perchè, ricorda il premier, i terroristi non arrivano con le «zattere» (coloro che hanno compiuto i recenti attentati a Parigi e Copenaghen «sono usciti dalle scuole europee e sono cittadini europei»), ma «si arricchiscono con i barconi», gestendo loschi traffici insieme con le bande di criminali comuni. Parole che fanno insorgere le opposizioni. «Renzi ammette che i terroristi sfruttano l'invio dei barconi per fare soldi. E lui questi barconi continua ad accoglierli! A casa mia uno che si comporta come Renzi si chiama complice», attacca a muso duro il leader della Lega Matteo Salvini. Mentre il presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni si dice preoccupata della «superficialità» e «inadeguatezza» del premier: «Il fatto che i terroristi utilizzino i barconi per creare scompiglio e infiltrare i terroristi - sostiene Meloni - è un pericolo concreto sostenuto dalle intelligence di mezzo mondo».  Sul terreno, intanto, il bollettino di guerra libico ha registrato un attentato con un'autobomba contro l'ambasciata iraniana a Tripoli, senza vittime, rivendicato dall'Isis, a cui è seguita un'altra esplosione nella stessa zona. A Bengasi, l'esercito libico ha reso noto di aver ucciso 25 jihadisti di Ansar al Sharia, formazione affiliata all'Isis, arrestando anche delle ragazze. Dal Cairo, Sisi ha riferito che negli ultimi giorni i raid egiziani hanno colpito «tredici obiettivi» jihadisti.

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