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Naufragio a Lampedusa, aperta inchiesta sulla strage dei migranti

Secondo gli inquirenti si tratterebbe degli stessi uomini che misero in mare i profughi naufragati a Lampedusa a ottobre 2013

 PALERMO. La dda di Palermo ha aperto un'inchiesta sulla banda che ha gestito la tratta dei migranti partiti dalla Libia e giunti ieri a Lampedusa. Si tratterebbe degli stessi uomini che misero in mare i profughi naufragati a Lampedusa a ottobre 2013.

Durante l'ultimo viaggio su cui indagano i pm, sarebbero morte 330 persone, 29 per assideramento e più di 300, tra cui molti bambini, nel corso della traversata resa proibitiva dal mare forza 8. Solo 85 dei migranti salpati si sono salvati.

L'inchiesta è coordinata dall'aggiunto Maurizio Scalia e dal pm Geri Ferrara. Dopo lo sbarco, anche la procura di Agrigento ha aperto un fascicolo per accertare se tra i migranti arrivati ci fossero gli scafisti. Al momento l'indagine ha avuto esito negativo: il sospetto è che gli extracomunitari siano stati imbarcati su una nave che doveva viaggiare col pilota automatico.

La Dda di Palermo, la cui inchiesta assorbirà quella dei colleghi agrigentini, procede per associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina. Diversi superstiti sono stati già interrogati.

I racconti dei testimoni ricordano quelli dei migranti sopravvissuti al naufragio del 2013 e degli extracomunitari sbarcati nei mesi scorsi. Dalle modalità del viaggio, alle descrizioni degli organizzatori molti sono i punti in comune: cosa che fa pensare all'esistenza di un'unica associazione criminale.

Per due componenti dell'organizzazione criminale sono già stati emessi mandati di cattura internazionale: uno sarebbe stato rintracciato in Libia e potrebbe essere estradato nei prossimi mesi. L'altro sarebbe fuggito in Sudan. Altre due persone sarebbero state identificate e sarebbero ricercate.

Le procedure di estradizione sono rese complicate dalla difficile situazione politica che c'è in Libia. Per fare il punto sull'indagine i pm hanno incontrato oggi i responsabili delle squadre mobili di Palermo e Agrigento e gli uomini della Capitaneria di Porto.

I migranti sopravvissuti hanno raccontato di essere stati costretti a salire sulla nave nonostante, dopo avere visto lo stato dell'imbarcazione e il mare agitato, si fossero rifiutati di affrontare il viaggio.

Minacciati con le armi e picchiati sarebbero stati imbarcati su delle scialuppe e prima di arrivare alla nave derubati. Sempre più spesso per il viaggio verrebbero usate navi ormeggiate in Italia, destinate alla demolizione. Vendute illecitamente per 100-150mila euro verrebbero impiegate per le traversate che frutterebbero all'organizzazione un milione e mezzo di dollari ogni viaggio.

Venivano tutti dal Mali, dal Senegal e dai paesi dell'Africa sud-sahariana. In 460 si sono ritrovati in un campo di raccolta, molto più simile a un campo di concentramento, sulla costa libica. Sabato pomeriggio 430 tra cui donne e bambini sono stati prelevati e portati su un molo. Le condizioni del mare erano pessime tanto che molti hanno cercato di convincere i trafficanti a rinviare la partenza. Ma sotto la minaccia delle armi sono stati sbrigativamente ridotti al silenzio e ammassati su quattro gommoni da 40 cavalli con 10 taniche di carburante.

«Il tempo migliorerà» dicevano i trafficanti. Uno dopo l'altro i gommoni hanno preso il largo ma a poche miglia dalla costa due delle imbarcazioni, sollevate da onde alte 9 metri, hanno cominciato a imbarcare acqua prima di affondare. A bordo c'erano anche alcuni bambini. Dopo l'Sos lanciato con un satellitare sono scattate le operazioni di soccorso, alle quali hanno partecipato quattro mercantili, due motovedette della Guardia Costiera e due aerei militari.

In condizioni disperate, e con il rischio della vita, sono stati recuperati i 105 che erano a bordo del primo gommone, ma 29 sono subito morti di freddo. Negli altri due gommoni, che trasportavano 212 persone, solo 9 sono stati raccolti mentre annaspavano tra le onde. Del quarto non c'era più traccia.  Tutti sono stati portati a Lampedusa (e i 29 morti trasferiti poi a Porto Empedocle).

 

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