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Ibis "altruisti": quando migrano fanno squadra

ROMA. Le migrazioni possono essere sfiancanti per gli uccelli, soprattutto per i più giovani e per quelli che guidano la formazione a V sfidando le correnti d'aria, mentre chi sta dietro può sfruttare la scia. Per sopravvivere ai lunghi viaggi, gli ibis hanno però imparato un modo, che consiste nel fare squadra, agendo da altruisti invece che da egoisti. A dirlo è uno studio dell'università di Oxford che ha preso in esame 14 ibis eremita in volo da Salisburgo all'oasi Wwf di Orbetello, in una migrazione guidata dall'uomo attraverso due ultraleggeri che hanno agito da 'genitori adottivi', indicando e insegnando la rotta.

Analizzando i dati dei gps di cui erano dotati gli esemplari, i ricercatori hanno scoperto che gli ibis cooperano, indipendentemente dai legami di parentela, per massimizzare le possibilità del gruppo di giungere sano e salvo alla meta. Gli esperti hanno notato che gli uccelli, viaggiando in formazioni da 2 a 12 esemplari durante il tragitto, si sono scambiati frequentemente posto, e con una precisione svizzera: ogni esemplare ha trascorso il 32% del suo volo in testa alla formazione, cioè nella posizione più faticosa, e il 32% in coda, sfruttando la corrente ascensionale creata dagli altri.

In questo modo gli ibis riescono a risparmiare energia, sia se si muovono a coppie, sia, e in misura maggiore, se volano in gruppo. ''Crediamo che ad aver determinato l'evoluzione di questo comportamento cooperativo siano stati gli altissimi rischi connessi alla migrazione, durante la quale risparmiare tra il 10% e il 14% di energia può fare la differenza tra la vita e la morte'', spiegano gli autori. La non sopravvivenza, d'altra parte, non è un'eventualità rara durante questi viaggi.

Stando a studi precedenti, fino al 35% degli uccelli più giovani muore per sfinimento durante la prima migrazione.

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