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«I missili del califfo puntati sulla Sicilia e su Palermo? Sono minacce ridicole»

Il direttore di «LookOut News», Luciano Tirinnanzi: «L’Isis dispone di razzi a gittata limitata, irrealistico pensare che vengano usati fuori da Iraq e Siria»

L’Isis «punta» Palermo e la Sicilia, almeno su una mappa. Minacce di missili jihadisti che Luciano Tirinnanzi, direttore della rivista di geopolitica Lookout News, liquida senza troppi giri di parole: «Una notizia priva di fondamento, messa in giro giusto per fare clamore e instillare paure irrazionali nella popolazione». Tirinnanzi, poi, esclama: «Se non vi fossero focolai di guerra in Libia, potremmo affermare che la cosa è addirittura ridicola!».
Sarà, poi, vero che il «Califfato dell'Orrore» dispone di missili?
«Intanto, bisogna distinguere i razzi dai missili e, se vogliamo, anche i missili balistici dai missili da crociera. I razzi non hanno una guida, sono altamente imprecisi e lanciati da terra verso un obiettivo immobile a corto o medio raggio. L'esempio tipico sono i razzi di Hamas o Hezbollah lanciati contro Israele, che cadono a caso e di cui neanche i lanciatori hanno il controllo. I missili balistici, invece, hanno una traiettoria prefissata e sono assai più potenti, ma necessitano di piattaforme di lancio. I missili da crociera sono ancora più precisi, teleguidati e in grado di modificare la propria traiettoria in volo, ma richiedono una tecnologia considerevole».
Quindi?
«Ìl Califfato nei mesi scorsi ha razziato gli arsenali dell'esercito iracheno, ma l'esercito non disponeva di grandi quantità di missili da crociera né di missili balistici. Invece, dispone di pezzi d'artiglieria pesante che hanno una gittata di circa 30 chilometri e montano proiettili assistiti da razzi. È irrealistico pensare che vengano usati fuori dal confine iracheno o siriano».
Lo Stato Islamico ha una «provincia» in Libia, a Derna. Decisamente, troppo vicino al nostro Paese?
«Questa affiliazione corrisponde più a una vicinanza ideologica, che non a un'alleanza militare vera e propria. Non vi sono prove di azioni coordinate tra i miliziani libici e quelli iracheni. Queste semplificazioni sono una mistificazione della realtà, anche se il pericolo e la minaccia restano reali. Nessuno, né Isis né i ribelli di Derna, hanno la possibilità o l'intenzione di aprire nuovi fronti. E poi, perché minacciare l'Italia? Non ha senso né strategicamente né militarmente».

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