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Gli amici: "L'uomo giusto al momento giusto. Riesce sempre a trovare una soluzione"

Ogniqualvolta Mattarella lascia Roma per rifugiarsi nel suo appartamento a Palermo, in via Libertà, basta un giro di chiamate, ed ecco che il «gruppo del bilancio», così si autodefiniscono amici e collaboratori del politico, ancora una volta si ritrova riunito attorno al«professore».

PALERMO. Per loro è sempre stato «il professore». Si conoscono da oltre cinquant'anni, si sentono al telefono almeno un paio di volte a settimana, l'ultima nei giorni di Natale, quando Sergio Mattarella all'amica che gli chiese di quelle voci su una sua ipotetica candidatura al Quirinale rispose cortese: «La prego, non lo dica». Ogniqualvolta Mattarella lascia Roma per rifugiarsi nel suo appartamento a Palermo, in via Libertà, basta un giro di chiamate, ed ecco che il «gruppo del bilancio», così si autodefiniscono amici e collaboratori del politico, ancora una volta si ritrova riunito attorno al«professore».

Mentre si tuffa nei ricordi Giuseppina Terranova, 83 anni, tradisce un pizzico di commozione. Lei è l'anima del gruppo. Negli anni Settanta, e fino al delitto, era a fianco di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio: lui assessore al Bilancio della Regione siciliana, lei direttore della ragioneria. E con loro un gruppo ristretto di persone, alcune delle quali animeranno la «Primavera di Palermo», con in testa Leoluca Orlando. Fuori dal palazzo c'era l'impegno nel partito, la Dc. «Lavoravo con Piersanti ma ero amica di famiglia dei Mattarella, sono cresciuta con loro, dai tempi in cui abitavano in via Segesta, col papà Bernardo che era ministro, e a casa loro c'era sempre tanta gente», ricorda la donna. Tempi di passione politica e civile. «Ogni sabato ci riunivamo con Piersanti e Sergio. Decidevamo quali comuni della Sicilia il giorno dopo saremmo andati a visitare per capire quali problemi finanziari
attraversassero - prosegue - Partivamo con due auto, con noi venivano spesso Rino La Placa e Leoluca Orlando». Un gruppo affiatato e impegnato. Poi l'assassinio di Piersanti, mentre era presidente della Regione, il 6 gennaio del 1980. «Ero a casa loro per la veglia - racconta Giuseppina - La salma di Piersanti era nella stanza principale. Dissi a Sergio: 'Troppo presto ce
lo hanno tolto». E lui rispose: 'Vediamo cosa possiamo e dobbiamo farè«.
»Sergio si occupò subito del partito - racconta l'amica e collaboratrice - con lo scopo di portare la legalità. Il clima era difficile, mai però in Sergio ho intravisto il segno della sconfitta e dello sconforto. Nei suoi confronti sempre il massimo rispetto.

Se lo meritava e se lo merita. È una persona corretta, pacata, leale, mai una parola fuori contesto. Non urla mai, riesce sempre a trovare una soluzione. Ascolta tutti«. Nel »gruppo del bilancio tanta è l'emozione per »il professore salito al Quirinale. »È l'uomo giusto al momento giusto - è certa Giuseppina - Non è semplice accettare la proposta di guidare il Paese, lui lo ha fatto dall'alto della sua integrità morale. Ha un taglio morale unico, poche persone sono come lui. È riuscito a riunire il Pd, farà altrettanto col Paese. Avere un uomo così, è una fortuna per l'Italia intera.

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