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Niente "paroline", ai bimbi è meglio parlare come ad un adulto

ROMA. Sillabe ben scandite, frasi pronunciate lentamente, vezzeggiativi graziosi e paroline dolci come pancino: è questo il classico repertorio linguistico che i genitori sfoderano di fronte ai propri piccoli sin dai primi mesi di vita. Se l'intento è quello di rendere più facile la comprensione al bebè, meglio cambiare registro e rivolgersi a lui come si parlerebbe con un adulto: infatti un ampio studio svolto tra Parigi e Tokyo e pubblicato sulla rivista Psychological Science dimostra che lo stile del linguaggio di mamma e papà quando si rivolgono al proprio figlioletto è tutt'altro che chiaro.

Condotto presso l'Istituto Riken giapponese e il parigino Centre National de la Recherche Scientifique, si tratta di uno studio senza precedenti basato sul confronto del linguaggio di un campione di mamme quando si rivolgevano al proprio piccolo (di 18-24 mesi) e del linguaggio usato quando invece il proprio interlocutore è un adulto.

Gli esperti hanno analizzato e confrontato tra loro la chiarezza (comprensibilità) di ore e ore di questi approcci linguistici delle mamme coi propri bimbi e con altri adulti (gli sperimentatori stessi) ed hanno visto che il contrasto sonoro tra sillabe tra loro simili e quindi facili ad essere confuse (come 'ba' e 'pa') - indice di comprensibilità - è in realtà maggiore quando ci si rivolge a un adulto che non quando ci si rivolge a un bimbo piccolo. In altri termini una frase pronunciata con voce cantilenante e scandendo bene le parole, magari accentuando i suoni, è meno comprensibile della stessa frase pronunciata normalmente senza tutti questi infantili adattamenti.

 

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