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Ventimila posti a rischio: bancari pronti a scendere in piazza

I sindacati lanciano l’allarme esuberi e si preparano per lo sciopero di domani

MILANO. Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l'associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20 mila posti di lavoro.

Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all'interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell'annuncio del Governo. Il tutto mentre l'iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione.

In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anziché dieci, o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea.

In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla "finanza speculativa e predatoria", mentre continua a destare dubbi la scelta del governo di procedere per decreto, non ravvedendo "motivi di urgenza". Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d'affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle "aggregazioni" e l'ex presidente della Bpm e uomo d'affari, Andrea Bonomi. Per quest'ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l'ora di evolvere mantenendo intatto però il proprio Dna.

Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di domani contro la decisione dell'Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac-Cgil, Agostino Megale, scatenando l'immediato intervento dell'Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all'anno 3,7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l'associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. "Di banchieri che hanno dato l'esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi", ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.

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