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Luttwak: «Attentati? Risposte alla fuga degli islamici dalla religione»

Per il politologo americano «gli ultra estremisti sono una minoranza sempre più piccola e sono soprattutto le donne a ribellarsi»

CATANIA. «Gli islamici ultraestremisti sono una minoranza sempre più piccola. Siamo già nel post-Islam. Nel mondo musulmano un numero crescente di persone si allontana da questa religione, mentre gli immigrati tengono distanti i propri figli dai predicatori. Soprattutto, però, sono le donne a ribellarsi. La loro rivolta è dimostrata dalle statistiche sul crollo di fertilità. E' un dato evidente ovunque, tranne in posti come Gaza in Palestina dove le ragazze sono sottomesse al programma di Hamas che le obbliga a sposarsi e fare bambini».
Di origini romene ma ormai da tempo cittadino statunitense, esperto di strategie militari e politologo tra i più noti, Edward Luttwak non smentisce la sua passione per il «politicamente scorretto». Niente buonismo, né frasi fatte. Riesce a sorprendere anche quando, dalla sua casa di Chevy Chase nel Maryland, parla del nostro Paese: «Non è vero che in Italia va tutto male, perchè l’antiterrorismo funziona meglio che in Francia, Gran Bretagna e Spagna. Le autorità italiane hanno imparato la lezione delle Brigate Rosse. Ecco perché le bombe degli integralisti islamici sono esplose a Parigi (il riferimento è alla catena di attentati del '95, ndr), a Madrid e Londra ma non a Roma».

Quale sarebbe la «lezione delle Brigate Rosse»?
«Servizi segreti e forze dell'ordine italiani hanno capito quanto sia necessario lavorare nell'ambiente che genera il terrorismo. Non esiste uno scontro di civiltà, ma solo un problema di polizia perché gli estremisti pericolosi ci sono e vanno identificati, intercettati, arrestati. I francesi agiscono dopo gli attentati, mentre le autorità italiane sanno bene che occorre stare attenti a chi si atteggia a jihadista. Una volta individuato, va sorvegliato. Bisogna prevenire, insomma. Le autorità spagnole, ad esempio, sono state molto lassiste verso chi faceva proclami e questo spiega perché le bombe sono scoppiate a Madrid (l’11 marzo 2004 un attentato nella stazione ferroviaria di Atocha provocò 191 vittime, ndr), anche quando a Roma c’era il governo Berlusconi che tra tutti in Europa era il più filoamericano e pro-israeliano».

Parigi non è, o non era, ben sorvegliata?
«Il centro di Parigi, quello visitato dai turisti, è pieno di gendarmi. Provate, però, a prendere un taxi per andare all’aeroporto ”Charles De Gaulle” senza passare dall’autostrada, ma facendo le strade interne: vi troverete in una giungla. Dopo le 7 di sera, peraltro, le stazioni di polizia chiudono».

Lei afferma che siamo entrati in un'era «post-islamica». I fondamentalisti stanno, quindi, reagendo con attentati e guerre alla laicizzazione del mondo musulmano?

«Esattamente. Loro stanno reagendo al collasso dell'Islam e i nostri presidenti, i nostri primi ministri, dovrebbero smetterla di affermare che i terroristi di Boko Haram, al Qaeda, Isis non sono veri musulmani. E che il vero Islam è rappresentato dal solito, simpaticissimo imam presente ai nostri incontri, vestito bene e con la barba ben tagliata. Noi siamo laici: quindi, né inneggiare né criticare. Serve silenzio, per non sabotare il lavoro fatto sui figli dai genitori post-islamici. Loro sono i nostri alleati coi quali dobbiamo collaborare».

Dopo l'assalto allo «Charlie», la strage del 7 gennaio, molti hanno criticato le vignette blasfeme. D'accordo?

«Cominciando a censurare le vignette e il diritto di espressione, verranno poi molte altre cose da censurare. Se permettiamo che le ragazze vadano in giro indossando lo ”hijab” (il foulard che copre capelli e collo ma non il viso, ndr), domani le vedremo girare con il ”niqab” e appena due buchetti per gli occhi. Questo avviene a Londra. Però, o si mantengono i propri valori e la propria cultura o si fanno compromessi vigliacchi. Per fortuna sono sempre più le ragazze che dicono: non voglio diventare brutta, voglio farmi bella».

Niente bonifica anti-jihadista in Occidente, se prima non si estirpa l'Isis da Iraq e Siria?

«È sbagliato intervenire ovunque, dobbiamo imparare a stare fuori. Basta bombardare e invadere il mondo arabo, perché questa è una cosa controproducente e alimenta la violenza. I nemici del cosiddetto Stato Islamico erano gli sciiti: se gli estremisti sunniti dell’Isis vogliono combattere contro gli estremisti sciiti dell’Iran, si divertano pure».

Difficile restare alla finestra, non intervenire, di fronte all'orrore di sequestri e video-esecuzioni. Gli ostaggi possono essere lasciati al loro destino?

«I nostri Stati non possono rischiare i propri uomini migliori, né pagare riscatti per avventurieri e ragazzine che sanno di andare in posti notoriamente pericolosi. Se vogliono andare, facciano pure. Hanno diritto di andare, sono liberi. Noi, però, abbiamo il diritto di non fare nulla per riportarli a casa».

Esiste, inoltre, la minaccia rappresentata dai reduci della guerra in Siria. Che si fa contro i volontari stranieri del Califfato, quando questi tornano in Occidente?

«Vadano pure, ma al rientro vanno arrestati e processati. Se l’Italia non ha norme che puniscono chi va ad arruolarsi in Paesi stranieri, può sempre copiare quelle in vigore in tutte le altre nazioni europee. Non deve neanche perdere troppo tempo: prenda la legge francese, la traduca e la approvi».

A proposito di normative antiterrorismo. In Europa servirebbe un «Patriot Act», sul modello di quello varato negli Usa dopo l'11 settembre?

«No. Negli Stati Uniti non esistono le carte d'identità, può andare libero dove vuole. Serve soltanto la patente, per chi va in auto. In questo contesto è passato il ”Patriot Act”, ma soprattutto in Italia non ve n'è alcun bisogno perché già lo Stato ha molti strumenti di controllo sui cittadini».

Sicilia, terra di sbarchi. Quanto è alto il rischio di infiltrazioni di terroristi fra i migranti, sui barconi della disperazione?

«Anche se non ci sono infiltrati, è un errore che i soldi dei contribuenti italiani vengano utilizzati per andare a cercare i clandestini persino a 50 chilometri dalle coste libiche. Mi sembra il massimo dell’assurdo. So bene che il Papa è andato a Lampedusa per sollecitare i soccorsi in mare, ma quelle immagini sono state riprodotte centinaia di volte in posti come la Nigeria e sono aumentati gli sbarchi: il problema è che, in questo modo, i migranti sono stati invitati a venire in territorio italiano, mica in Vaticano! I cittadini non ne possono più. E crescono forze politiche come la Lega».

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