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Arriva l’asteroide, da stasera occhi all’insù per vedere il gran macigno che solca il cielo

Cinquecento metri di diametro: per vederne uno così grande si dovrà aspettare il 2027, prossimo «giro» fra 200 anni

PALERMO. Oggi dalle 17,50 tutti con il naso all'insù, nuvole permettendo, per ammirare il passaggio dell'asteroide 2004 BL86 che sarà ad una distanza dalla terra 1,2 milioni chilometri, cioè la distanza della luna dalla terra moltiplicata tre volte. I numeri sono tali da poter dormire tranquilli, la terra e i suoi abitanti non corrono alcun rischio visto che le possibilità di impatto sono bassissime. Gli appassionati fino alle prime ore di domani possono dotarsi anche di piccoli telescopi per ammirare l'asteroide: sarà brillante e grazie alla sua posizione sarà visibilissimo dall'Italia. Proprio la sua luminosità deriva dal materiale di cui 2004 BL86 è formato che potrebbe essere silicio e nichel-ferro. La maggior parte degli asteroidi, invece, è scura perché ricca di sostanze carboniose.

Un appuntamento da non perdere visto che per rivedere un asteroide così grande (500 metri di diametro) passare vicino alla terra bisognerà aspettare il 7 agosto del 2027, quando ad un distanza un po’ meno ravvicinata dalla terra transiterà il masso celeste 1999 AN10. «Nonostante 2004 BL86 non sia minaccioso, l'asteroide fa parte degli oggetti vicini alla Terra potenzialmente pericolosi, perché raggiungerà una distanza minima dal pianeta inferiore a 7,4 milioni di chilometri e ha dimensioni superiori ai 150 metri di diametro», spiega l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma. Gli studiosi stimano che, se per malaugurata ipotesi cadesse addosso alla terra, l'asteroide solleverebbe una tale quantità di polvere da oscurare quasi interamente la luce del Sole, generando un inverno anche all'Equatore. Se precipitasse in un oceano, invece, scatenerebbe uno tsunami devastante, i cui effetti sono inimmaginabili. Un evento che secondo le stime potrebbe accadere ogni 10 mila anni.

Il 2004 BL86 era stato scoperto il 30 gennaio del 2004 con il telescopio Linear nel New Mexico (Stati Uniti) impegnato proprio nella caccia agli asteroidi pericolosi. Una volta studiato il percorso, gli esperti sono in grado di dire che il grande masso celeste tornerà nella stessa posizione fra 200 anni.

Della sua natura non si conosce nulla e per questo gli astronomi si sono attivati per indagarlo. La Nasa ha mobilitato il suo grande radiotelescopio di Goldstone, in California, una parabola di 70 metri con la quale insegue le sonde interplanetarie, e anche quello di Arecibo a Puerto Rico che, incastonato tra le montagne, è il più grande del mondo (305 metri di diametro). Dall'Italia sarà seguito dall' Osservatorio astronomico di Asiago dell' Istituto nazionale di astrofisica (Inaf). L'occasione è ghiotta e la Nasa per prima si prepara quindi a studiare un asteroide di questo tipo il cui passaggio, da una distanza così ravvicinata, può fornire elementi che gli scienziati non hanno finora in loro possesso.

«Il giorno dopo il flyby, quando ci arriveranno i dati, saremo in grado di estrarne le prime immagini dettagliate, e non si escludono sorprese, dal momento che di questo asteroide non sappiamo quasi nulla», ha detto Don Yeomans, del Near Earth Object Program Office presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA. Dall'Italia, spiega Masi, «l'oggetto sarà visibile poco dopo “l'incontro” ravvicinato con la Terra, quando avrà la magnitudine 9 (la magnitudine limite per l'occhio umano è 6) e sarà osservabile con buoni binocoli e piccoli telescopi che permetteranno di apprezzarne il movimento tra le stelle».

L'asteroide ad una velocità di 15,6 chilometri al secondo andrà al confine tra le costellazioni dell'Unicorno e dell'Idra. Poi salirà verso la costellazione del Cancro.

Qualche giorno fa invece è stata scattata per la prima volta una foto della morte di un campo magnetico di un asteroide. Si tratta di un asteroide formatosi durante la nascita del Sistema Solare. Lo studio pubblicato su Nature fa un po’ di chiarezza sui meccanismi di formazione e di spegnimento dei campi magnetici generati all'interno dei corpi celesti, come avviene anche nella Terra. Grazie a questo studio è stato infatti confermato che a dar vita al campo magnetico dei pianeti è il calore, o meglio la presenza al loro interno di una sorta di gigantesca dinamo. A produrre il campo magnetico è la rotazione di un nucleo ferroso circondato da uno strato liquido. Si è scoperto che il raffreddamento - e quindi la solidificazione dello strato liquido - rallentano sempre più la rotazione del nucleo fino alla morte del campo magnetico. Studiare il campo magnetico è un modo per entrare all'interno di un pianeta e capire come si evolverà anche il nucleo della Terra, come spiega anche uno degli autori della ricerca, James Bryson: «Essendo gli asteroidi molto più piccoli della Terra essi si sono raffreddati più rapidamente e possiamo sapere in anticipo quello che avverrà anche all'interno del nostro pianeta per correre in tempo ai ripari».

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