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Acqua e zammù: l'antico rituale dei palermitani di un tempo

PALERMO. Acqua e zammù, non è solo un fatto di gusto. E' anche tradizione. La bevanda più antica e più caratteristica di Palermo risale addirittura alla dominazione araba. L'acqua con l'anice era un'istitituzione per le vie della città distribuita dall'antica figura dell'acquavitaro: lo si trovava ovunque, pure negli angoli delle piazze o nei mercati con un banchetto. Andando ancora indietro nel tempo, già nell’Ottocento l’acqua e zammù non mancava neppure nei chioschi: qui le le nobildonne di fermavano per dissetarsi con questa aromatica bevanda.

Ma di cosa è fatto l'anice? Altro non è che un liquore nato dalla distillazione dell’anice stellato o cumino. Con qualche goccia in un bicchiere, si ottiene una bibita molto dissetante. La tradizione dell'anice si tramanda da generazioni, e qui a Palermo è detto zammù. Il termine deriva da sambuco e rappresenta un antico digestivo, servito dalla maggior parte dei palermitani di un tempo insieme alla cosiddetta “mosca” ossia un chicco di caffè inserito all’interno del bicchierino. La produzione dell'anice risale al lontano 1813 all’interno di una tabaccheria della famiglia Tutone in piazza Rivoluzione a Palermo. Ben presto, il chiosco accanto al locale divenne punto di ritrovo per gente di ogni classe sociale.

Per i più golosi, è possibile utilizzare l'anice anche per la preparazione di ghiotte e fresce ricette come la granita all'anice. Basta versare dell'acqua dell'acqua insieme a zucchero e anice fino a che il colore non diventi bianco opaco. Dopo 6 ore in freezer, è possibile servirla in coppe di vetro trasparente, decorandola con i chicchi di caffè.

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