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I primi vagiti della Via Lattea: svelati grazie all'uso del computer

Astrofisici dell’Università e dell’Osservatorio di Trieste hanno ricreato la nascita e la evoluzione di una galassia a spirale, riproducendone lo sviluppo. Nel gruppo il palermitano Pierluigi Monaco

PALERMO. Infinitamente grande e dal fascino incontestabile l'universo che ci circonda resta uno degli enigmi più interessanti cui l'uomo cerca di dare risposte. Studiare l'evoluzione di un alone di materia, avvenuta più di tredici miliardi di anni fa, a partire da poco meno di un miliardo di anni dopo il Big-bang lascia molto spazio all'immaginazione, ed anche se i film di fantascienza ci hanno fatto conoscere uno spazio oscuro, immenso, facendoci sognare viaggi interstellari impossibili da mettere in pratica l'enigma dell'universo non è così oscuro come sembra. Grazie allo studio ed alla ricerca scientifica il salto nel buio diventa sempre più tangibile, virtualmente s’intende.

Strumenti di calcolo inimmaginabili fino a qualche anno fa ci hanno permesso infatti di ottenere informazioni preziose per stimare non solo le distanze immense che ci separano dalle galassie, nell’ordine di miliardi di anni luce, ma addirittura la loro storia, dalla nascita fino ad oggi. Naturalmente non si tratta di una storia tramandata, ma di una ricerca scientifica, teorica, basata su formule matematiche e calcoli demandati ai supercomputer. La conoscenza delle varie fasi di sviluppo di una galassia, composta da miliardi di stelle, è oggetto di studio dei ricercatori di tutto il mondo, per comprendere meglio l'immensità che ci circonda.

Nella comunità scientifica un ruolo di primo piano viene occupato dal laboratorio di ricerca dell'Università di Trieste che qualche settimana fa ha reso pubblico un risultato straordinario dal punto di vista scientifico: la ricostruzione al computer dell'evoluzione di una galassia a spirale.
Il gruppo, composto dal palermitano Pierluigi Monaco dell’Università di Trieste, da Giuseppe Murante dell’Istituto nazionale di astrofisica - Osservatorio astronomico di Trieste e dai loro collaboratori Paramita Barai, Stefano Borgani, Anna Curir, Klaus Dolag, David Goz, Antonio Ragagnin e Luca Tornatore, ha raggiunto questo ambizioso risultato dopo quasi venti anni di studi.

I risultati del team, condotto da Monaco e Murante, in pubblicazione su «Monthly Notices of the Royal Astronomical Society», sono all’avanguardia in Italia e pongono il gruppo triestino in una ristrettissima elite internazionale.
La novità dei calcoli che ha permesso di superare i vecchi ostacoli è legata principalmente al progresso nella comprensione di come le supernove, stelle massicce che muoiono in gigantesche esplosioni, agiscano sulla componente gassosa della galassia, soprattutto nelle fasi iniziali della formazione. La loro esplosione lancia il gas lontano dalla galassia, gas che poi ricade poco a poco garantendo una graduale formazione del disco stellare.

I ricercatori hanno sviluppato un programma in grado di calcolare il movimento di questa materia gassosa, composta da idrogeno ed elio. Il professore Pierluigi Monaco, classe 1969, è impegnato da più di vent’anni alla scoperta dei misteri scientifici del cosmo. Dopo un’esperienza di due anni presso l’Institute of Astronomy di Cambridge, quindici anni fa ha iniziato l’attività di ricerca presso il dipartimento di fisica dell’università di Trieste, indagando sulla formazione di galassie in ambito cosmologico.

«Molto lavoro resta da fare per comprendere a fondo i meccanismi di formazione delle galassie a spirale», aggiunge il professore siciliano. «In particolare, contiamo molto sulle informazioni che potremmo ottenere grazie al confronto tra le nostre previsioni e le future osservazioni di proprietà di galassie sinora poco esplorate. La nascita e l'evoluzione delle galassie è un problema affascinante che parte dalla relativa semplicità dell'universo primordiale per arrivare alla complessità dell'universo come lo vediamo oggi. Viene studiata sfruttando i più grandi telescopi esistenti e, dal punto di vista teorico, i supercomputer, come quelli del Cineca di Bologna che ci hanno permesso di raggiungere questo risultato».

Compito non facile, data la vastità dell’ambiente oggetto di studi: la via Lattea ad esempio ha un’estensione che supera 80.000 anni luce e si compone di oltre quattrocento miliardi di stelle.

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