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Crisi degli affitti: quasi la metà del canone finisce in tasse e imposte

Dal quadro presentato da Il Sole 24 ore, i proprietari di immobili registrano parecchie difficoltà tra l'aumento delle spese sulla casa e il calo delle locazioni. Più "convenienti" Palermo e Messina

ROMA. In Italia, dare una casa in affitto è sempre più dispendioso per il proprietario. Da un lato, infatti, se gli importi degli affitti sono diminuiti, dall'altro lato le imposte sulla casa sono aumentate.

Secondo l'elaborazione fatta da Il Sole 24 ore, quasi la metà degli introiti derivanti dalle abitazioni date in affitto  andrebbero alla fine a finire in tasse, imposte e spese varie. Ma con differenze non di poco conto tra una provincia e l'altra.

Il quotidiano milanese fa una mappa delle città in base al peso della tassazione sul canone d'affitto percepito. Così se a Lecco finisce in imposte e spese dal 47% del canone - se nel contratto è prevista la cedolare secca - addirittura al 66% se si sceglie la tassazione ordinaria con un'aliquota Irpef medio-alta.

In Sicilia, le due città metropolitane di Messina e Palermo si attestano  leggermente al di sotto della media nazionale: dall'elenco de Il Sole 24 ore, infatti si evince come Messina sia la città in cui le imposte incidono meno, sebbene con valori abbastanza alti: 37% e 55%.

Anche Palermo si posiziona tra le province italiane in cui la tassazione influisce meno: 38% (cedolare secca) e 57% (tassazione ordinaria).

Enna  e Caltanissetta, invece, si allineano alle altre province italiane registrando un'incisione delle imposte per il 40%  sugli introiti del canone d'affitto (sempre considerando un contratto con cedolare secca). Leggermente più alta a Catania, Siracusa e Agrigento, 42%, e Trapani, 43%. A Siracusa invece si arriva al 44%.

 

 

 

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