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"Mi chiamo Sasà e ho gran voglia di varietà"

«Oltre lo Stretto va sempre di moda il mafioso con la coppola o lo sfaticato che passa il suo tempo al bar: il mio siciliano fa ridere, certo, ma non è nulla di tutto questo. Siamo un popolo vittima di troppi pregiudizi»

PALERMO. «I miei primi vent'anni... più due». Ovvero uno spettacolo che ogni anno si arricchisce, si rinnova, cerca nuove formule per offrire sempre qualcosa di diverso. Sasà Salvaggio anche quest'anno è al Teatro Al Massimo, da Santo Stefano all'Epifania, e come al solito, riempie poltrone, palchetti e strapuntini. E a chi gli chiede perché tornare a vederlo, risponde con la sua risata contagiosa. «È uno spettacolo completamente nuovo, prendo dal repertorio tutto quello che negli anni scorsi mancava o che mi chiedevano a gran voce alla fine - spiega Sasà -. Insomma, io ogni anno faccio uno spettacolo, lo costruisco, lo incardino e il pubblico fa il conto di quello che manca... e io lo aggiungo l'anno dopo».

Si va avanti anche per sottrazioni, sennò durerebbe ore. «Lì sta il difficile, gli spettatori mi conoscono, sanno che certe cose non possono mancare». Vedi le sue incursioni autorizzate nel mondo della lingua siciliana, al di là di ogni e qualsiasi stereotipo: «Oltre lo Stretto va ancora il mafioso con la coppola o lo sfaticato che passa il suo tempo al bar: il mio siciliano fa ridere, certo, ma non è nulla di tutto questo. Parlo di questa mia, nostra isola, al di là di ogni stereotipo che, diciamo la verità, ci ha anche parecchio stancato».
Non manca ovviamente un telegiornale abbastanza sui generis. E Sasà Salvaggio si siede dietro al scrivania con tanto di giacca con su stampati cento giornali («è una stoffa da parati che ho trovato a Catania»). Le notizie? Quella politica: «Beppe Grillo sta lanciando un referendum per restituire la doppia moneta: così non solo saremo senza un euro, ma anche senza una lira». E quella che con la politica non ha niente a che fare. «Si parla solo di crisi: ma tutti le bambine hanno le Barbie. Quelle più povere, da venti euro, più ricche da trenta... Quest'anno poi c'è anche la Barbie divorziata che costa 325 euro. Perché con la bambola ci sono anche la cavalla di Ken, la barca di Ken, la casa di Ken...».

C'è una parte dedicata ai social... «Ma certo, e io li metto alla berlina: canto una canzone di Baglioni, Avrai avrai un “mi piace” sul profilo...». Il Teatro Al Massimo ha prodotto per I miei primi 20 anni... più due uno spettacolo molto elegante, quasi sfarzoso, con scale, costumi e paillettes: al fianco di Sasà Salvaggio ci sono dieci ballerini, otto donne/due uomini, coreografie di Stefania Cotroneo. Lo stile è quello del varietà, gag e sketch alternati a pezzi musicali. La parte più teatrale è invece affidata a due glorie dell'operetta come Elena D'Angelo e Umberto Scida che cantano pezzi da Ballo al Savoy e Cin Ci Là, canzoni di Raffaella Carrà e di Frank Sinatra fino al gran finale con tutti gli artisti sul palco per Dove sta Zazà.

Lo spettacolo dopo Palermo migrerà al Metropolitan di Catania e, a ruota, a inizio marzo, sarà in versione più ridotta al Salone Margherita a Roma. E dal suo palco privilegiato, Sasà osserva la città. «Palermo è sempre stata una città culturalmente sveglia ma ormai c'è poco da scialare e gli spettacoli penano ad andare avanti. Le istituzioni non hanno soldi per la cultura e dunque teatri e teatranti sono in affanno e, se i privati non investono, non c'è molto da fare». Un privato, Aldo Morgante, direttore del Teatro Al Massimo, ha scommesso su di lui. «Sì, ma Sasà è Sasà».

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