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Jobs Act, Cicchitto: "Interverremo sui licenziamenti individuali"

Le note dei deputati Fabrizio Cicchitto, Maurizio Sacconi e Daniele Capezzone, sui decreti delegati per l'applicazione del Jobs Act approvati dal Cdm alla vigilia di Natale.

ROMA. «Ribadiamo il nostro giudizio e cioè che sul jobs act si è andati molto avanti sul terreno dei licenziamenti collettivi e si è fatto un compromesso sui licenziamenti individuali che ci ripromettiamo di migliorare in sede di confronto parlamentare. Siccome, malgrado tutto la politica rimane al fondo una cosa seria, non ci sarebbero state queste durissime reazioni della Cgil della Uil, che confermano di essere diventate un grumo conservatore, se la riforma non fosse reale». È quanto afferma il deputato di Ncd Fabrizio Cicchitto in una nota.

«Ciò detto - aggiunge - visto anche quello che sta accadendo nell'economia americana in seguito a una politica economica di segno assai diverso da quella europea, è indispensabile aver la consapevolezza che acquisiremo forza e credibilità per aprire una vertenza in Europa se non facciamo compromessi in materia di riforma di lavoro e non siamo timidi in materia di tagli alla  spesa pubblica e di riduzione della pressione fiscale».  «In parte cosi è avvenuto in sede di legge sulla Stabilità  dove sono state certamente fatte delle sforbiciate sia alla spesa sia alle tasse, ma insufficienti rispetto alle esigenze di fondo. D'altra parte Forza Italia avanza proposte solo propagandistiche: dire 3 volte tagliamo le tasse e una volta aumentiamo le pensioni senza dire quali spese tagliare, significa fare solo propaganda. In effetti avere allontanato Cottarelli è stato comunque un errore. Lo si è visto nella eccessiva timidezza nel taglio alle partecipate,ma li si concentra un pezzo del sistema reale di potere del Pd. Ma se  Renzi è timido rispetto a tutto ciò, rischia di risultare un  rottamatore-innovatore in materia di organigrammi e morodoroteo di nuova generazione sul terreno dei contenuti», conclude Cicchitto.

«Avverto molta delusione» perchè «la montagna ha partorito il topolino»: «abbiamo una disciplina complicata, intraducibile in inglese, di incerta
applicazione». È quanto afferma il capogruppo di Area Popolare  al Senato, Maurizio Sacconi in una nota sui decreti delegati per l'applicazione del Jobs Act approvati dal Cdm alla vigilia di Natale. «Dopo il tentativo del 2002 bagnato dal sangue, la possibilità di accordi aziendali in deroga del  2011, i piccoli aggiustamenti della Fornero del 2012, sembravano esservi con la grande crisi le condizioni per una un atto  coraggioso - afferma Sacconi nella nota - Abbiamo invece una disciplina complicata, intraducibile in inglese, di incerta applicazione, limitata ai nuovi contratti».  Per Sacconi, che ha seguito passo passo le vicende del Jobs Act anche come relatore al Senato, «paradossalmente, in Italia restano facili i licenziamenti collettivi in una azienda in declino e difficili quelli individuali per scarso rendimento in una azienda in crescita. La montagna ha insomma partorito il topolino mentre rimangono presenti tutti i sintomi della  depressione economica e sociale».

«Un jobs act così rinunciatario, dopo una lunga e dura battaglia (di parole) con Cgil e sinistra Pd, mostra che Renzi ha scelto di tirare a campare, non di
rischiare. Non si cambia verso, e non è la volta buona. Il governo Renzi appare come l'ultimo dei vecchi governi, non come il primo dei nuovi». Lo afferma in una nota Daniele Capezzone, Forza Italia, Presidente della Commissione Finanze della Camera.

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