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I dieci comandamenti e la Sicilia: la donna
d’altri fa ancora peccare

«Lo spettacolo di Benigni - spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento - ha riacceso l’attenzione sulle regole etiche più antiche in un Paese che vive una delle crisi di fiducia più preoccupanti degli ultimi decenni»

PALERMO. C'era bisogno di un (costoso) affabulatore e predicatore bravo come Roberto Benigni per rispolverare le Tavole di Mosè, dimenticate dai tempi del catechismo. La storia dell'umanità procede di pari passo con il peccato: hanno cominciato per primi Adamo ed Eva, mangiando una mela proibita. Poi, sempre nella stessa famiglia, il fattaccio di Caino e di Abele. Le cose, in seguito, non sono andate certo meglio: ed ecco che, per fare un po' d'ordine, il buon Dio trasmette a Mosè i dieci comandamenti, ma non è che la situazione migliori di molto. Ogni epoca, infatti, ha avuto i suoi peccati: eresie, omicidi, lussuria, gola, avidità, intolleranza, un elenco interminabile che tende però, nell'arco del tempo, a riproporsi con novità già viste o con monotone variazioni sul tema.

L'indagine condotta dall'Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, ha interrogato proprio sulle variazioni un campione nazionale rappresentativo di 1.000 intervistati, cui si è aggiunto, per l'analisi dei dati regionali, un ulteriore sovra-campionamento di 540 siciliani. Il comandamento da riscoprire è il settimo, «non rubare», quello che «conoscono solo i bambini», votato dal 40% degli intervistati. Troppo facile: «non rubare», il comandamento «ad personam» per gli italiani, non poteva che essere il leader indiscusso della top ten dei comandamenti della categoria: «Lo spettacolo di Benigni - spiega Vento - ha riacceso l'attenzione sulle regole etiche più antiche in un Paese che, anche dopo i recenti fatti di corruzione a Roma, vive una delle crisi di fiducia più preoccupanti degli ultimi decenni». Non ci saremmo, invece, aspettati di trovare in cima alle trasgressioni nel nostro Paese, secondo l'82% dei siciliani, il nono comandamento, «non desiderare la donna d'altri», quello per cui, secondo Benigni, «Dio e Mosè sono entrati in confidenza parlando di donne».
Tra peccati e peccatori, colpe veniali e mortali, ecco i comandamenti più trasgrediti: «Dopo il nono seguono, tra le regole meno applicate, "non commettere atti impuri" (70%) e "non dire falsa testimonianza" per il 67%. Tra i più difficili da seguire personalmente, invece, compaiono "ricordati di santificare le feste" (55%) e "non desiderare la donna d'altri" (51%)». Italiani (maschi) dalla memoria corta: «Tre intervistati su dieci affermano di rammentare tutte o quasi tutte le regole contenute nelle "Tavole della Legge", i due terzi solo alcune. Il dato di conoscenza cresce di 6 punti percentuali tra le donne, ma si abbassa, di quasi dieci punti tra le nuove generazioni».
Ed ecco le leggi «indimenticabili»: «Nel ricordo spontaneo dei cittadini sono il quinto, "non uccidere", citato dal 92%, e il settimo, "non rubare", indicato dall'84% degli italiani. Oltre il 70% indica anche il secondo, "non nominare il nome di Dio invano", e il quarto, "onora il padre e la madre"». Testo di Antonella Filippi

L’indagine è stata condotta dal 12 al 14 dicembre dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, su un campione nazionale di 1.000 intervistati, rappresentativo dell’universo della popolazione italiana maggiorenne, stratificato in base al genere, alla fascia di età ed all’area geografica di residenza. Per l'analisi dei dati regionali è stato effettuato un sovra-campionamento mirato integrativo: in Sicilia è stato intervistato un campione di 540 cittadini maggiorenni, rappresentativo della popolazione residente nell'Isola. Metodologia ed approfondimenti su: www.demopolis.it

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