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Cantone: «In Sicilia indaghiamo sui rifiuti»

Il presidente dell’autorità anticorruzione a Palermo: «Bisogna punire I colpevoli e premiare chi rispetta le regole»

PALERMO. Sta vagliando anche degli appalti legati alla gestione dei rifiuti in Sicilia, Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità anticorruzione. Se dà tristemente ragione al «New York Times» e resta scettico sulle misure varate dal Consiglio dei ministri, il magistrato è però fiducioso: «Le norme sulla trasparenza introdotte dalla legge Severino sono una rivoluzione copernicana».

E batte anche sull'esempio dell'Expo, «dove i controlli anticorruzione hanno funzionato». Una speranza per contrastare il malaffare in Italia dunque ci sarebbe e lo dimostrano le «migliaia di segnalazioni» che gli sono già state recapitate. Il problema - come spiega Cantone negli uffici del Dems dell'Università di Palermo - è più marcato al Sud «perché il rapporto tra mafia e corruzione è strettissimo».
Ha ragione il «New York Times», non c'è angolo d'Italia che sia immune dalla corruzione?
«Abbastanza, purtroppo. Le generalizzazioni sono pericolose, ma non si può negare che il fenomeno sia molto diffuso».
Ci sono delle differenze tra Nord e Sud?
«Credo che la variazione dipenda dalla presenza sul territorio delle organizzazioni mafiose, maggiore al Sud, perché l'attività corruttiva è tipica della mafia. Per tenere legati le istituzioni e l'apparato burocratico, le organizzazioni mafiose ricorrono alla corruzione più che agli atti intimidatori. Al Nord il fenomeno si manifesta in maniera diversa e la vicenda dell'Expo lo dimostra bene: è il caso in cui finora sono stati emessi più provvedimenti interdittivi antimafia, ben 62, a riprova che il tentativo mafioso di infiltrarsi negli appalti c'è, ma che grazie ai controlli alla fine falliscono».

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