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L'allarme dei premi Nobel: "Il mondo rischia una nuova guerra fredda"

Nel documento finale, hanno espresso la loro «profonda preoccupazione per i crescenti rischi di un conflitto, anche nucleare, tra le grandi potenze»

ROMA. La «persistente convinzione che si possano raggiungere i propri obiettivi attraverso la forza militare» rischia di far sprofondare il mondo in una «nuova guerra fredda, ancora più pericolosa». È l'allarme lanciato dai Premi Nobel riuniti a Roma in occasione del  XIV Summit mondiale che, nel documento finale, hanno espresso la loro «profonda preoccupazione per i crescenti rischi di una guerra, anche nucleare, tra le grandi potenze», condannando «il fanatismo religioso» e le violenze su donne e bambini e mettendo in guardia sul pericolo che il conflitto in Ucraina possa diventare una minaccia per la pace e la stabilità dell'Europa.

Ospitato nella capitale al posto di Città del Capo dopo il rifiuto da parte del Sudafrica di concedere il visto al Dalai Lama, il vertice è stato chiuso oggi proprio dalla guida spirituale del buddismo con un appello a lavorare per la pace attraverso la «comprensione reciproca» e l'assunzione da parte di ognuno «della responsabilità morale di costruire un futuro migliore».

Concetti cari al leader tibetano che a Roma ha voluto ribadire ancora una volta come tutti debbano «usare la propria professione per fornire un contributo al futuro dell'umanità». Inevitabile lo strascico della polemica sul mancato incontro con papa Francesco. «Mi è capitato tante volte, non c'è problema», ha sdrammatizzato il premio Nobel che poi, più seriamente, ha aggiunto: «Io incontro tante persone, sono positivo e gioviale ma per qualcuno posso essere fonte di guai». E a chi gli ha domandato quando la Cina e il Tibet potranno convivere finalmente in pace il Dalai Lama ha spiegato che, pur avendo rinunciato ormai quattro anni fa ad ogni responsabilità politica, «continua a dialogare con le persone che in Cina lo ascoltano e gli sono amiche» alle quali porta sempre ad esempio il caso dell'India dove «religioni e culture diverse vivono insieme».

Il Dalai Lama ha poi manifestato la sua solidarietà alla protesta anti-Pechino degli studenti ad Hong Kong perchè «vogliono veramente una società aperta e pienamente democratica. Un obiettivo totalmente condivisibile. Anche io ho combattuto per la libertà del Tibet».

A qualche centinaio di metri dal Campidoglio, invece, un'altra protesta, questa volta contro il premio Nobel. Al grido di 'Stop lying' ('Basta bugie'), circa duecento seguaci del culto buddhista Shugden, sostenuto dalla Cina, accusavano il leader di «ostracismo e discriminazione nei loro confronti». Una manifestazione comunque pacifica che non ha intaccato il «messaggio di pace» che i premi Nobel hanno voluto inviare da Roma.

«Siamo giunti al termine di giornate intense, in cui si sono discussi temi fondamentali con icone di pace, libertà e giustizia. Roma è veramente orgogliosa di aver ospitato un incontro che invia un messaggio di pace», è stato il commento del sindaco Ignazio Marino che ha ricevuto in dono dal Dalai Lama la tradizionale sciarpa bianca tibetana, simbolo di buon auspicio. Un regalo offerto anche a Bernardo Bertolucci che oggi ha ricevuto il Peace Summit Award 2014. Nell'accettare il riconoscimento il regista ha ricordato quando incontrò il Dalai Lama prima di girare il Piccolo Buddha, e ha raccontato le parole che in quell'occasione rivolse a lui, che non era buddista: «C'è un piccolo Buddha in ognuno di noi»

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