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Il Dalai Lama non incontrerà Papa Francesco: "Evitiamo inconvenienti"

È lo stesso Dalai Lama a smentire definitivamente le voci che si sono rincorse in questi giorni sulla possibilità di un suo incontro con Bergoglio

ROMA. L'incontro tra il Dalai Lama e papa Francesco non ci sarà. Non è il momento, nonostante la stima e l'apprezzamento reciproci tra il pontefice e il leader spirituale del buddhismo, perchè c'è il rischio di creare «inconvenienti».

È lo stesso Dalai Lama, al suo arrivo a Roma dove fino a domenica parteciperà al XIV Summit mondiale dei Premi Nobel, a smentire definitivamente le voci che si sono rincorse in questi
giorni sulla possibilità di un suo incontro con Bergoglio. Un diniego del Vaticano, secondo l'entourage del Dalai Lama, che aveva espressamente richiesto il faccia a faccia.

«Questa volta non incontrerò papa Francesco, l'amministrazione del Vaticano dice che non è possibile perchè potrebbero crearsi degli inconvenienti», ha spiegato il leader tibetano. Lo avevamo chiesto, insistono i suoi collaboratori che ancora sperano in un colloquio privato, magari come avvenne con Benedetto XVI, che ricevette il Dalai Lama per un breve incontro il 13 ottobre del 2006, ma non gli concesse udienze nè nel 2007 nè nel 2009.

Sulla natura di questi «inconvenienti» non trapela nulla, nè da fonti tibetane nè Oltretevere. Anzi, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha detto di non poter nemmeno confermare se sia vero che papa Francesco abbia deciso di non incontrare il leader tibetano.

È però facile intuire che il rifiuto del Vaticano, se di rifiuto si tratta, sia stato dettato dalla volontà di non porre ostacoli sul percorso di riavvicinamento con Pechino che ha ricevuto un notevole impulso dal viaggio in Corea del Sud di Francesco, lo scorso agosto. Proprio in quell'occasione il Papa - primo pontefice ad attraversare lo spazio aereo cinese - si disse pronto ad andare in Cina «anche domani». Il Vaticano ha comunque voluto sottolineare la «stima» che Bergoglio nutre nei confronti del Dalai Lama. Un apprezzamento ricambiato dal leader
tibetano, che anche oggi ha ribadito di ammirare «la semplicità» di Francesco, «mentre ci sono altri leader religiosi che praticano la semplicità ma hanno una vita privata...».

Durante il summit romano, presentato in Campidoglio dal sindaco Ignazio Marino e da diverse donne insignite del Premio Nobel, saranno commemorati la vita e il lavoro dell'icona
mondiale della pace, Nelson Mandela. «Mi sento onorato di riprendere la tradizione di ospitare a Roma il summit dei premi Nobel per la pace - ha detto il primo cittadino della Capitale -. Mi sento piccolo vicino a persone che in tanti modi hanno rischiato la vita per manifestare per la pace, per l'uguaglianza, per pari diritti per tutti. Ci sono cose più importanti del Pil nelle nostre vite: ad esempio vivere in un Paese dove c'è pace».

«Le guerre in nome della religione sono incomprensibili», ha detto il Dalai Lama, sottolineando «la necessità di promuovere l'armonia tra le religioni, come è stato fatto in India che è un esempio di convivenza pacifica». «Tutti abbiamo la responsabilità di promuovere l'armonia», è stato l'appello rivolto alla piccola folla di fedeli buddhisti giunti a Roma per accogliere il loro leader. Molti gli italiani presenti accanto ad una rappresentanza della comunità tibetana in Italia. Una comunità piccola, 180 persone, che a Roma continua a rivolgere un appello: essere riconosciuti come «rifugiati politici».

«L'Italia è l'unico Paese europeo a non farlo», ha detto Chodup Lama, professore ed ex presidente della Comunità tibetana. «Sui documenti dei tibetani che vivono in Italia c'è scritto "cinesi" - ha spiegato - È una negazione della nostra identità. E questo ci fa molto male».  Nessuna traccia invece dei contestatori del Dalai Lama, i seguaci del culto buddhista Shugden - sostenuto dalla Cina - che hanno annunciato manifestazioni di protesta nei prossimi giorni.

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