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Mafia, appalti, ricilaggio e usura: ecco la "cupola nera" a Roma

L'organizzazione ha pilotato per anni tutti gli affari nella Capitale, influenzando bandi e ricilando denaro. Il regista era Massimo Carminati che si definiva "il re di Roma"

ROMA. Una joint venture tra mafia, politica, pezzi di eversione di destra e criminalità. Una cupola nera che ha gestito gli affari romani per anni pilotando appalti, riciclando denaro che scotta, stringendo un patto scellerato con i clan emergenti del litorale capitolino, con boss in odore di camorra come Michele Senese e con politici e burocrati spregiudicati. E, secondo la Procura di Roma, corrotti.  Lo spaccato che emerge dall'operazione del Ros «Terra di Mezzo» è quella di una Capitale della Mafia dove ogni affare veniva gestito dal malaffare.

Dove quei personaggi finiti nei libri e nei film, come il «Nero» Massimo Carminati, ex Nar accusato di legami con la Banda della Magliana, in realtà erano attivissimi e contemporanei.  Un ciclone giudiziario che si trascina dietro pezzi di politica, di pubblica amministrazione, criminalità ed eversione di destra. L'organizzazione, dicono gli inquirenti, aveva modus operandi e radicamento propri della mafia. Col valore aggiunto criminale di un filo nerissimo che lega molti dei personaggi principali, con trascorsi nell'eversione di destra. E spuntano nomi che vengono da un passato che sembrava dimenticato.

Il mai domo Massimo Carminati, secondo i pm romani, era al vertice della holding («Sono il Re di Roma») e tra le carte si incontrano altre conoscenze tra eversione nera e crimine. Gennaro Mokbel, ex militante nella gioventù nera romana e Marco Iannilli, commercialista, già coinvolti nella maxi truffa di 2,2 milioni di euro Fastweb-Telecom Italia Sparkle. Il fedele del sindaco Alemanno, anche lui indagato per associazione di stampo mafioso, Riccardo Mancini, ex ad di Ente Eur, già coinvolto nell'inchiesta su una presunta tangente per la fornitura di bus per il corridoio Laurentina a Roma. E anche Franco Panzironi, ex ad di Ama, coinvolto nell'ormai famosa Parentopoli della municipalizzata romana.

E nell'ordinanza spunta pure il nome di Lorenzo Alibrandi, fratello dell'ex Nar Alessandro, morto nel 1981 in un conflitto a fuoco.  Prima di approdare nella maxi inchiesta che oggi ha portato agli arresti di 37 persone, gli intrecci pericolosi tra clan emergenti, politica e affari tutti romani erano emersi di recente soprattutto dalle indagini su un delitto «per caso», ovvero l'omicidio di Silvio Fanella, custode di un vero e proprio tesoro per conto della galassia nera romana. Fanella era il cassiere di Mokbel: un commando nel luglio scorso lo voleva prelevare dalla sua abitazione romana ma qualcosa andò storto e il tentativo di sequestro finì con la morte di Fanella.

A capo del commando c'era un ex componente dei Nar, Egidio Giuliani. Un nome non indifferente tra gli addetti ai lavori. Ex compagno di cella del killer Pierluigi Concutelli, (condannato all'ergastolo per l'omicidio del giudice Vittorio Occorsio) e accusato di voler ricostruire gruppi eversivi di destra negli anni '90, Giuliani avrebbe avuto in passato collegamenti anche con la banda della Magliana. E nel gruppo di fuoco anche un ex di Casapound, Giovanni Battista Ceniti.  Dopo l'omicidio Fanella fu ritrovato anche il tesoro: 34 sacchetti con diamanti purissimi che si sono lasciati alle spalle anche una scia di sangue fatta di omicidi e ferimenti. I diamanti, uno dei beni di lusso favoriti dal gruppo «nero» di Mokbel - secondo i magistrati - per riciclare i fiumi di denaro frutto di truffe e malaffare.

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