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La Kostner si difende: "Amavo Schwarzer ma non ho coperto doping"

Per lei la procura antidoping del Coni ha chiesto una squalifica di quattro anni e tre mesi per «complicità» e «omessa denuncia» del presunto tentativo di elusione di un controllo antidoping da parte dell'allora fidanzato

BOLZANO. «Non coprirei mai chi si dopa e non merito una squalifica di più di quattro anni. Potrei decidere io stessa di voltare le spalle alle gare». Carolina Kostner, per la quale la procura antidoping del Coni ha chiesto una squalifica di quattro anni e tre mesi per «complicità» e «omessa denuncia» del presunto tentativo di elusione di un controllo antidoping da parte dell'allora fidanzato Alex Schwazer, si difende attraverso una intervista pubblicata oggi dal Fatto Quotidiano. «Se avessi saputo che Alex si dopava - dice la pattinatrice - per il suo bene innanzitutto, l'avrei convinto a confessare. L'accusa di averlo coperto è per me insopportabile. Io non mi sono mai dopata, non ho mai aiutato Alex a farlo, e non ne ho saputo nulla fino a che il test è tornato positivo. Com'è possibile che chiedano una punizione più alta per me rispetto a tanti atleti squalificati per doping?».

Il ciclone Schwazer non l'ha risparmiata, anzi. La pattinatrice altoatesina, bronzo alle olimpiadi di Sochi rischia una pena pesantissima che potrebbe macchiare, proprio sul finire, la sua splendida carriera. Il processo si svolgerà a metà gennaio (domani saranno ufficializzate le date) intanto Schwazer (la cui squalifica termina a gennaio 2016) spera di poter partecipare ai Giochi di Rio 2016, una eventualità sulla quale il presidente del Coni, Giovanni Malagò, non si pronuncia: «Schwazer spera di andare ai Giochi di Rio? Su questo argomento non faccio il tifo nè in un senso e neppure nell'altro. Ci sono delle norme e questo vale sia nella giustizia sportiva che in quella ordinaria. Sono norme non certo legiferate da me che dicono come a fronte di un tipo di comportamento sia prevista una certa entità della pena - sottolinea il n. 1 dello sport italiano, a margine del convegno 'Lotta al doping: peculiarità normative e strategie di contrasto. Aspetti giuridici ed operativì - alla fine dell'entità della pena uno è padrone di andare vivere su un'isola in Australia e staccare la spina con il resto del mondo, piuttosto che tornare a gareggiare, e uno non può che prenderne atto».

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