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Favino: «Che impegno, interpretare Ambrosoli»

Dice l’attore: «Nella lettera che scrisse alla moglie si coglie un presentimeno. O forse aveva già ricevuto minacce. Quando la signora Anna e la figlia Francesca vennero sul set, non ricordavo più le battute»

ROMA. «Un privilegio interpretare un uomo di questo spessore». Pesa le parole Pierfrancesco Favino, attore di razza al servizio della fiction di qualità, che dà volto e anima all'avvocato Giorgio Ambrosoli nella miniserie Qualunque cosa succeda, diretta da Alberto Negrin, interpretata anche da Anita Caprioli (nel ruolo di sua moglie), Massimo Popolizio (Michele Sindona) e Andrea Gherpelli (il maresciallo della Guardia di Finanza, Silvio Novembre) che Raiuno trasmette oggi e domani in prima serata. La storia pubblica e privata di Giorgio Ambrosoli - un uomo al servizio dello Stato, il suo impegno per l'affermazione della responsabilità civile, dell'onestà, in un sistema politico finanziario indebolito dalle connivenze con i poteri occulti - viene raccontata a partire da una lettera che scrisse alla moglie nel 1975, ben quattro anni prima che un killer, su mandato del banchiere Michele Sindona, lo assassinasse sotto casa: «Anna carissima, è indubbio che pagherò a caro prezzo questo incarico.. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai cosa devi fare e sono certo che saprai fare benissimo. Sarà per te una vita dura ma te la caverai e farai sempre il tuo dovere».

Ancora oggi la lettera di Ambrosoli alla moglie è sconvolgente per la consapevolezza dei rischi che correva. Come se lo spiega?
«Io non ho risposte - dice l’attore -. O aveva già ricevuto minacce di cui non siamo a conoscenza, oppure aveva già capito tutto con grande lucidità. È strabiliante pensare che sia andato avanti lo stesso. Forse pensava che quello per cui lottava lo avrebbe protetto, forse pensava che ucciderlo non sarebbe servito a Sindona. Ritengo sia giusto ricordare i fatti, così come la dichiarazione di Giulio Andreotti, quel suo “se l'è andata a cercare”, che pesa come un macigno».

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