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Da Prizzi a Sanremo, il sogno dei No Name

«Il più grande ha 21 anni, il più piccolo 16. «Il nostro brano parla di risveglio delle coscienze, perché nessuno si ribella, nessuno fa rispettare i propri diritti. Ma c’è un epilogo positivo»

PRIZZI. Dall'entroterra siciliano alla Riviera, da Prizzi a Sanremo: è il viaggio dei No Name, che canzone dopo canzone, concerto dopo concerto, sono entrati tra i quaranta finalisti di Area Sanremo. «Abbiamo presentato una canzone - dice Salvo Pecoraro, classe 1995, il chitarrista solista e il cantante della band - in cui, come sempre, trattiamo un tema sociale. Il brano parla della mafia, e lo fa immaginando un risveglio dell'umanità. Quando il pubblico potrà ascoltare la canzone, vedrà che nei versi ho cercato di creare più voci, basandomi su diversi tipi di persone. L'idea è quella di svegliare le coscienze, perché nessuno si ribella, nessuno fa rispettare i propri diritti. Alla fine, speriamo in un risvolto positivo, in un mondo in cui il giusto sia garantito a tutti».

Dopo i concerti in giro per la Sicilia, i No Name hanno messo da parte un buon numero di brani. La scelta, però, è ricaduta su questo brano - il titolo ancora segretissimo - «perché volevamo presentarci con una fusione tra presente e passato. Qui, abbiamo incrociato il folk cantautoriale con la musica elettronica. Abbiamo voluto che l'originalità fosse il nostro biglietto da visita. Mi hanno spesso detto che scrivo alla maniera di un cantautore degli anni Settanta, e il resto della band (Marco Maniaci, al basso, ha 21 anni, il chitarrista Mauro Cannella ne ha 17, il batterista Andrea Pecoraro appena 16, ndr.), mi ha aiutato a fondere questa vena classica con una sferzata di elettronica».

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