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Manovra, la minoranza Pd chiede modifiche: al centro il bonus di 80 euro

Presentati 8 emendamenti dalla Sinistra Dem, tra cui i più discussi sono i due che riguardano il bonus bebè e quello Irpef di 80 euro mensili

ROMA. Via libera della commissione Lavoro al Jobs act. Alla discussione non hanno partecipato le opposizioni dopo aver abbandonato i lavori. Il provvedimento andrà in Aula venerdì.  Intanto ci sono modifiche in vista alla legge di stabilità sul fronte del bonus bebè. "Siamo disponibili - ha detto il viceministro Enrico Morando - a modificare parzialmente la struttura del bonus bebè in rapporto all'esigenza di renderlo più efficace per i minori poverissimi o in povertà assoluta".

Nessuna limatura, invece, per quanto riguarda il bonus Irpef di 80 euro.   "La platea di beneficiari del bonus da 80 euro non si tocca", dice Morando.

L'emendamento della minoranza Pd sul bonus, puntualizza, però, Stefano Fassina, "è una variazione, non uno snaturamento della norma: la platea resta quella dei lavoratori dipendenti e resta come riduzione del cuneo fiscale". "Spero che il governo possa manifestare un'apertura - ha aggiunto prendendo la parola in Commissione Bilancio - poi i dettagli potremo rivederli". L'obiettivo dell'emendamento - ha ribadito - è di "correggere un difetto di equità e contrastare la povertà" .

Dopo l'intesa sull'articolo 18, dunque, nel Pd si apre il fronte della legge di stabilità dopo la presentazione - ieri - di 8 emendamenti della sinistra Dem. I toni non sono quelli della rottura e non sembrano ricalcare quelli ben più duri usati sul Jobs Act, ma l'iniziativa della sinistra Dem non piace all'ala maggioritaria del partito. Con i renziani che attaccano: agite come se non foste nel Pd.

La battaglia, per ora, viaggia sulle parole e sui tweet, ma oggi, in commissione Bilancio a Montecitorio, potrebbe tradursi in voti.

Due degli 8 emendamenti della minoranza, quelli riguardanti il bonus Irpef e quello bebe', sono stati infatti 'accolti' da Sel dopo che la maggioranza Pd li aveva esclusi, di modo da 'costringere' la commissione a votarli. Le due proposte entreranno nel dibattito gia' da domani e, con minoranza Pd e opposizioni in trincea, si preannuncia aria di battaglia, con Francesco Boccia che, tenendo fede al ruolo di terzietà legato alla presidenza della commissione, non compare tra i firmatari degli emendamenti della minoranza Pd ma non ha mai nascosto il suo sostegno. Appoggio che, per ora, governo e renziani sembrano lontanissimi dal concedere.

Nella sua e-news il premier Matteo Renzi si limita a ribadire la validita' della legge di stabilità - "restituisce fiducia e riduce le tasse in modo stabile e strutturato", scrive - ma la sortita della minoranza Pd, con gli emendamenti presentati alla stampa da Pippo Civati, Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre, Gianni Cuperlo e Margherita Miotto, non lascia indifferenti i renziani.

Ernesto Carbone, membro della segreteria Dem, boccia come "incredibile" il comportamento della minoranza Pd e attacca: "Altro che metodo democratico, altro che confronto interno. A parole si dice di volere il bene della casa comune, nei fatti ci si comporta come se non se ne facesse parte".

Sullo stesso binario, anche un tweet infuocato del senatore Andrea Marcucci - che intavola successivamente un confronto a colpi di 'cinguettii' con Corradino Mineo - e quello di Roberto Giachetti che, accanto all'immagine dei 'big' della minoranza in conferenza stampa a Montecitorio, ripesca la celebre 'foto di Vasto', con Bersani, Di Pietro e Vendola, e ironizza: "trova le differenze, se ci sono...".

Parole sulle quali sia Fassina, sia Boccia, scelgono di non calcare la mano. "Vorrei delle valutazioni di merito", commenta il primo laddove Boccia taglia corto: "non ho tempo da perdere". Ma gli 8 emendamenti della minoranza segnano anche un inizio di coordinamento, al quale solo due giorni fa si appellava Boccia, tra le anime del dissenso interno. Un coordinamento che, come sottolineato da Cuperlo, vuole migliorare e non remar contro l'asse Pd-governo, ma che potrebbe coinvolgere anche una parte della sinistra piu' dialogante, quella di Area riformista. E che, di fatto, potrebbe tradursi in nuovi 'sassi' lanciati su quel treno delle riforme che Renzi vorrebbe velocissimo.

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