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La marcia nel deserto di Berlusconi e il bluff di Renzi con Grillo

Da una parte non può rompere con Renzi, dall’altra deve fare concessioni a Fitto

Nel consolidare per l'ottava volta il patto del Nazareno sottoscritto in gennaio, Silvio Berlusconi ha barattato la propria debolezza politica con la propria forza istituzionale. Il ruolo di padre della Patria, legittimato anche dalla clamorosa assoluzione sul caso Ruby, è il massimo che egli possa ottenere in questo momento. I dissensi tra i contraenti sono poco più che una fiction. Berlusconi sa benissimo che non può rifiutare il bipartitismo, visto che lui l'ha sognato sempre quando era più potente e non sopportava i ricatti degli alleati.

Renzi non può pretendere che la soglia minima resti al 3 per cento (ideale per Alfano): un ritocchino per non scornare il Cavaliere sarà necessario. Berlusconi si attende inoltre (ragionevolmente) di poter dire la sua sul prossimo capo dello Stato: fare nomi in questo momento è grottesco, se si guarda alla storia delle elezioni presidenziali. Ma poter contare su un candidato di equilibrio è per lui indispensabile.


La minaccia di Renzi di rivolgersi a Grillo è un bluff di maniera: fare una trattativa su riforme e Quirinale con lui farebbe impallidire quelle dei tempi d'oro in cui destra e sinistra si contendevano i voti di Marco Pannella.
Perché Berlusconi è così bendisposto nei confronti di Renzi? La prima ragione l'abbiamo appena indicata: stare nel gioco che conta nel momento di massima debolezza non è un affare da poco. Si aggiunga che Mediaset attraversa una fase delicata: un accordo con Telecom sui contenuti rafforzerebbe la bandiera italiana nel futuro delle comunicazioni.

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