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Monte Pellegrino, culla di volatili: così crescono i falchi e le poiane

Da un capanno, muniti di binocolo, si possono osservare i grandi rapaci che volteggiano in cielo. Presenti pure volpi e donnole che, indisturbate, costruiscono le loro tane nei cunicoli rocciosi

PALERMO. Centinaia di differenti specie di animali selvatici si riproducono da diciotto anni nella riserva di Monte Pellegrino a Palermo. Quelle che la caratterizzano di più sono le specie dell’avifauna, come il falco pecchiaiolo, la poiana, il nibbio bruno, il gheppio, il corvo imperiale, il falco pellegrino, il rondone maggiore e la cornacchia grigia. La riserva di Monte Pellegrino è un ecosistema unico. Si tratta infatti di un’isola ecologica circondata sia dall’area metropolitana di Palermo che dal mare. «La fauna che vive al suo interno ha pochi interscambi con la fauna esterna, perciò è considerato un ambiente molto delicato - spiega il direttore della Riserva Salvatore Palascino -. Quando ci sono dei segnali di aumento delle varie specie è un grande successo».

Dal 1996 a oggi, cioè da quando la riserva è stata chiusa alla caccia, molte specie si sono potute riprodurre. Ci sono anche animali selvatici come volpi, donnole e conigli che costruiscono le loro tane negli antri rocciosi alle falde del monte. Da diversi punti di osservazione gli appassionati con un binocolo possono ammirare esemplari di falco pellegrino. Il punto di osservazione migliore si trova in un capanno dove chiunque può andare munito di binocolo per vedere volteggiare i grandi volatili. «Basterà raggiungere piazza Vittorio Veneto e cento metri a destra c’è un vecchio caseggiato militare. Si prosegue per poche centinaia di metri a piedi e si arriva nel punto di osservazione», precisa Palascino.

Il falco pellegrino è difficile da vedere; infatti sono state censite solo quattro coppie. È uno spettacolo perché appena il falco individua la preda, si fionda con picchiate veloci e improvvise, durante le quali riesce a superare anche i cento chilometri orari. Il falco colpisce spesso colombi e tortore in volo, poi, quando la preda è morta, la raggiunge per cibarsene. L’esemplare è detto pellegrino, dal latino peregrinus, cioè dal volo irregolare e caratterizzato da scatti e improvvise picchiate. «Molti credono che la montagna abbia dato il nome al falco, ma non è così - precisa Palascino –. Come il volo del falco anche la montagna è irta e scoscesa ed è per questo motivo difficile da scalare».

Tutti i grandi volatili nidificano nelle pareti rocciose di Monte Pellegrino. Questa caratteristica rende questi animali meno accessibili all’uomo. «Anche se i rocciatori si arrampicano nelle pareti, l’attività è comunque regolamentata all’interno della riserva. Per esempio, non è consentita nei mesi che vanno da febbraio a giugno, periodo in cui gli uccelli nidificano». Nella riserva, infine, ci sono anche le volpi: ne sono stati censiti almeno venti esemplari, sebbene siano in aumento. Il loro peggior nemico è il traffico veicolare notturno lungo le arterie del parco della Favorita. «Chi attraversa queste strade deve stare molto attento a non investire la fauna selvatica perché la morte di una volpe è per la riserva un danno irreversibile - spiega il direttore della Riserva -, perché ci troviamo in un’isola ecologica, dove quando muore un esemplare si estingue una famiglia intera». L’area della riserva si distende per 1.050 ettari dove ci sono almeno 15 sentieri principali percorribili a piedi.

Per gli amanti della natura, I «Rangers», l’associazione che ha in gestione l’area, forniscono un servizio di informazione sui sentieri che si possono percorrere e sulla loro difficoltà. Per i meno esperti c’è la possibilità di contattare la riserva e partecipare a visite guidate composte da almeno dieci persone.

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