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Tricarico: «Guerra svogliata: intervenire da terra contro il califfo»

«Le orde di Isil mantengono elevata la propria capacità militare perché non vengono affrontate con la giusta determinazione e nella maniera tecnicamente più corretta». Il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare e attuale presidente della fondazione Icsa, valuta gli esiti di queste prime settimane di raid della coalizione a guida statunitense nella guerra al «Califfato dell'Orrore». Voto decisamente basso, malgrado i recenti risultati sul fronte di Kobane.

Giudizio negativo sulla strategia alleata in Iraq e Siria?

«Il mio giudizio non si può dire negativo, bensì scettico sulla maniera di usare il potere aereo. Nei Balcani, nel ’99, giungemmo a bombardare anche 4 o 5 volte lo stesso obiettivo perché a metà operazioni non eravamo più in grado di “generare” altri obiettivi. In Libia è successa più o meno la stessa cosa, non ho dubbi che Siria-Iraq non si sottragga a questa regola. I target sono finiti o finiranno. E, se non si cambia dottrina di impiego, lo stallo sarà inevitabile».

Perché boccia «l'opzione aerea», fondata sui bombardamenti?

«L'impiego esclusivo dell'aviazione negli scenari cosiddetti asimmetrici, come quello iracheno-siriano, apporta limitati vantaggi, significativi nelle fasi iniziali delle operazioni, irrilevanti con il procedere del conflitto. Il quadro di confrontazione con il sedicente Stato Islamico non si sottrae a questa regola ormai ricorrente in tutti gli scenari post guerra fredda».

Efficacia ridotta. O peggio?

«L'impiego del potere aereo, pur con tutte le precauzioni del caso, diventa estremamente rischioso per i non combattenti, per incolpevoli ed innocenti presenti nell'area di letalità delle armi».

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