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Margelletti: «L’Italia fra i Paesi più esposti. Un pericolo i convertiti»

Il presidente del Centro studi internazionali spiega che «il Califfato vuole conquistare i territori con petrolio e dighe»

Metafora delle contraddizioni di superpotenze in grado di distruggere il mondo, ma che non riescono a debellare una raffazzonata armata di terroristi, Kobane é insieme l'epicentro dell'impotenza occidentale e l'avamposto della minacciosa offensiva del cupo Califfato islamico. Un'attacco concentrico che dalla frontiera con la Turchia si spinge fino alla periferie di Bagdad, Kirkuk e Mosul, nel cuore dell'Iraq. «L'obiettivo dei terroristi dell'Isis é quello di conquistare tutti i capisaldi dei confini con la Siria e l'Afhanistan, per creare uno stato di continuità e di accaparrarsi pozzi petroliferi e dighe per sostentare economicamente le regioni controllate e mantenere il controllo sociale sulle popolazioni», spiega Andrea Margelletti, esperto di strategia politico-militare e presidente del Centro studi internazionali.

Perché il governo di Ankara, con i tagliagole dello Stato Islamico alle porte dell'Europa, esita ad intervenire nella cittadina siriana a pochi km dal suo confine?

«Intervenire significherebbe legittimare il popolo curdo, col quale il presidente turco Erdogan ha sì avviato un difficile dialogo, ma sempre mantenendo una nettissima posizione di forza. L'interesse primario di Ankara è combattere e sconfiggere sia l'Isis che il presidente siriano Assad, e impedire contemporaneamente la nascita di uno Stato curdo».

Ma a parte la Turchia, se i raid americani e dei paesi arabi non sono determinanti, cosa impedisce l'intervento diretto di truppe?

«Gli interessi nazionali delle diverse realtà locali.Il rendersi conto che non si può soltanto puntare ad una vittoria militare, ma occore avere “a bordo” le tribù locali, per evitare il rischio che vengano sobillate dagli integralisti contro “gli invasori” e di trovarsi poi intere etnie schierate contro. Vi sono inoltre altri due motivi determinanti: il sostanziale disinteresse degli Stati Uniti per il Medio Oriente, disinteresse determinato dalla sempre minor dipendenza Usa dal petrolio arabo, e la profonda debolezza dell'Europa sui temi della difesa e della politica estera comuni».

Cosa c'è dietro l'autoproclamato Califfato islamico: é davvero la mutazione genetica di Al Qaeda o é stata assemblato in laboratorio?

«No, l'Isis é una realtà totalmente alternativa al network terroristico di Bin Laden ed é in pieno conflitto con gli eredi dello sceicco del terrore, a cominciare da Ayman al-Zawahiri. La sua genesi é assolutamente locale e a differenza di Al Qaeda non propone una generica idea di affermazione integralista, ma un vero e proprio stato nel quale riconoscersi».

Reali capacità di prevenzione e difesa dell'Europa e dell'Italia?

«Il vero pericolo é rappresentato dai cittadini europei convertitisi all'integralismo radicale islamico e andati ad addestrarsi in Iraq, Afhanistan, Yemen e nei vari teatri di guerra. Solo una maggiore cooperazione fra intelligence e polizia potrà permettere di ridurre al minimo i rischi».

Paesi più esposti?

«Non é un segreto: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Italia, Germania, Turchia».

Esiste una mappa degli eventuali obiettivi italiani?

«Non in maniera specifica, ma per un motivo ancora più grave:i terroristi puntano tutto sull'effeto sorpresa e cercheranno di colpire obiettivi non particolarmente difesi».

Perché il rifiuto e la condanna dell'integralismo da parte dell'Islam moderato non riescono ad arrestare il terrorismo?

«Soprattutto perché l'Islam violento riesce anche ad utilizzare le leve del profondo dissesto socio economico, proponendosi cone alternativa a realtà governative corrotte e inefficenti. In questo contesto il Nobel a Malala assume anche la significativa valenza di un genuino riconoscimento globale alla vera essenza della religione islamica, l'elevazione spirituale e culturale dell'individuo, la coesistenza pacifica».

Scenari e effettivi interessi di Turchia, Iran, Siria, di Putin e di Pechino?

«La Turchia vuole ricreare un contesto ove venga riconosciuta di fatto la sua leadership nell'area e, come già accennato, farà in ogni caso di tutto per mantenere sotto uno stretto controllo i curdi».

L'Iran mira a rientrare nel gioco delle potenze regionali e a riaprie un rapporto diretto con Washinghton.

«La Siria di Assad punta innanzi tutto alla sopravvivenza del regime, mentre la Russia di Putin intende mostrare all'Europa la pochezza della politica estera degli Stati Uniti e, facendo leva sulle fonti energetiche, proporsi con un'autorevolezza e credibilità maggiori a quelle che un tempo aveva l'Unione Sovietica. Pechino gioca di sponda con Mosca ed é pronta ad appoggiare un coninvolgimento militare diretto dell'Occidente contro l'Isis perché ha un obiettivo recondito: quello di distogliere l'attenzione mondiale dalla trasformazione dell'Africa in un continente totalmente in mano ai cinesi».

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