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Tricarico: «Attentati nostri militari in Libano: per noi un duplice rischio»

Per l’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica il Califfato non potrà essere sconfitto con il solo impiego dei bombardieri

Nella guerra a Isis, l'Italia rischia. «Almeno su due fronti», afferma Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare e consigliere militare della Presidenza del Consiglio, attuale presidente della fondazione di analisi culturali e strategiche Icsa. «Un rischio — spiega il generale — si corre sul teatro delle operazioni: il Libano, fin dalle prime fasi della ribellione nei confronti di Assad, ha rappresentato un possibile obiettivo di un allargamento del conflitto e i nostri mille soldati lì presenti potrebbero ancora oggi rimanere intrappolati a causa dell'innalzamento del livello dello scontro. L’altro sul territorio nazionale, dove gli acquisiti alla causa del radicalismo, quelli stanziali dormienti o quelli di ritorno da aree di conflitto potrebbero infierire contro i cosiddetti soft target (obiettivi civili, ndr)».
La risposta della coalizione internazionale all’avanzata del "Califfato dell'Orrore" è, del tutto o quasi, affidata ai raid dei bombardieri. Uno sbaglio?
«Il ruolo del potere aereo non sarà sicuramente risolutivo da solo. La sua importanza è depotenziare significativamente le capacità letali di IS e costringerlo ad adottare sul terreno comportamenti più prudenti. Purtroppo la preoccupazione maggiore riguarda la possibilità concreta che i bombardamenti possano causare numerose vittime innocenti».
Facendo riferimento alle esperienze in Kosovo e Libia, lei ha affermato che si ripete l'errore di "utilizzare assetti pregiati e costosi per cercare il singolo obiettivo di poco valore". È così anche stavolta?
«La dottrina di impiego del potere aereo non ha fatto progressi significativi negli ultimi quindici anni e pertanto vi è una sproporzione nell'impiego degli strumenti militari che soprattutto a breve potrebbero girare a vuoto per mancanza di obiettivi».
Quali sono, allora, i mezzi e le strategie necessari per combattere l'Isis?
«Purtroppo non vi è una strutturazione consolidata e condivisa di impiego dello strumento militare. Quindi, mezzi e strategie vanno assemblati in funzione della situazione sul terreno e utilizzati secondo dei criteri possibili individuati assieme ai Paesi alleati».

 

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