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Non piacciono agli italiani, quanti errori dai sindacati

Gli italiani non si fidano più dei sindacati. Il sondaggio di Nando Pagnoncelli per il «Corriere della Sera» dice finalmente che il re è nudo. Più di due terzi dei lavoratori pensa che le tre confederazioni non sono più in grado di rappresentare giovani, precari e dipendenti delle piccole aziende. Coprono solo gli interessi dei garantiti (pensionati, dipendenti pubblici e di grandi aziende). Si tratta di una posizione fortemente condivisa dagli elettori Pd, ma anche dai lavoratori dipendenti, dove la percentuale di sfiducia arriva al 72%.

I segretari dei tre maggiori sindacati faranno bene a riflettere evitando di gridare al complotto. La realtà è molto più semplice: sindacati sono rimasti fermi allo Statuto dei Lavoratori, vecchio di quarantaquattro anni e ai riti concertativi con i governi Amato e Ciampi che risalgono a ventidue anni fa. Da allora si sono come ibernati. Non a caso l'accusa più pesante è quella di eccessiva politicizzazione. I sindacati non pensano più agli interessi dei lavoratori ma solo all'esercizio del potere. La dirigenza si è trasformata in una nomenklatura preoccupata perpetuare il proprio ruolo al di fuori di ogni controllo e di ogni procedura democratica. La successione dinastica di Raffaele Bonanni alla Cisl ne è solo l'ultima conferma. Afferma il concetto proprietario della struttura che definisce eredità e incarichi.

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