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Decapitate 3 donne in Siria, ministro britannico: "L'Isis può diventare una minaccia nucleare"

Intanto il 'califfo' Abu Bakr al Baghdadi manda a dire con tono di sfida che «la strategia di Obama è prevedibile» e «il nuovo conflitto» in Siria e in Iraq, ovvero «la terza guerra del Golfo», «non renderà l'Occidente più sicuro»: con i raid, assicura, non vincerete

NEW YORK. Ancora decapitazioni: l'Isis continua diffondere a piene mani il terrore e l'orrore, tagliando la testa a chi si mette sulla sua strada. Questa volta è toccato a tre donne, per la prima volta, ed a un uomo, tutti combattenti curdi fatti prigionieri in Siria. E allo stesso tempo, attraverso un nuovo video di John Cantlie, il reporter britannico che tiene in ostaggio, il 'califfo' Abu Bakr al Baghdadi manda a dire con tono di sfida che «la strategia di Obama è prevedibile» e «il nuovo conflitto» in Siria e in Iraq, ovvero «la terza guerra del Golfo», «non renderà l'Occidente più sicuro»: con i raid, assicura, non vincerete.

Si tratta di nuovi 'messaggi' che alimentano ulteriormente l'allarme in occidente, tanto che il ministro degli Interni britannico, Theresa May, è arrivata da ammonire che «l'Isis, se non contrastato e lasciato proliferare in Iraq e Siria, potrebbe diventare un vero Stato terrorista, e arrivare a costituire anche una minaccia nucleare, in quanto potrebbe dotarsi di armi chimiche, biologiche o persino nucleari».

Ma intanto i caccia americani hanno compiuto ben 22 raid aerei in 24 ore: 11 in Iraq, dove in particolare sono state distrutte delle postazioni dell'Isis nei pressi della diga di Mosul, e 11 in Siria, nei pressi di Aleppo e a Mazra al Duwud, vicino alla frontiera con la Turchia. Allo stesso tempo, sul terreno, i combattenti curdi peshmerga, a loro volta, hanno lanciato una controffensiva anti-Isis su tre fronti diversi nel Nord dell'Iraq. E anche Londra ha annunciato ufficialmente che i caccia Tornado di Sua maestà britannica hanno compiuto «con successo» i primi due raid anti-isis, bombardando su richiesta curda postazioni jihadiste nel Nord dell'Iraq. Da Ankara, intanto, arriva la notizia che anche il governo turco ha ormai rotto gli indugi e ha ufficializzato la sua richiesta al Parlamento per avere via libera a colpire in Iraq e Siria.

Il voto dovrebbe arrivare giovedì: per il momento, secondo quanto scrive il quotidiano Zaman, Erdogan ha già schierato 10mila soldati al confine siriano in stato di «massima allerta» dopo i colpi di artiglieria di domenica. Secondo quanto hanno reso noto fonti curde, la controffensiva dei peshmerga è scattata all'alba, con il sostegno dell'artiglieria e dell'aviazione irachena, oltre che dei caccia Usa, e si sta sviluppando in tre diversi settori del Nord dell'Iraq: attorno a Mosul e alla sua strategica diga, a Sud della città di Kirkuk e attorno e dentro la città di Rabie, nei pressi della frontiera con la Siria, dove si combatte nelle strade. Inoltre, sempre secondo fonti curde, i peshmerga hanno riconquistato diversi villaggi a sud di Kirkuk, che erano finiti sotto il controllo dell'Isis fin dallo scorso giugno.

I miliziani dell'Isis avanzano però invece verso la città curda siriana di Kobane, vicino al confine con la Turchia, da dove nelle ultime due settimane sono fuggiti oltre 160 mila civili. Sono ormai a due o tre chilometri, secondo quanto riferisce l'ong siriana Osservatorio nazionale per i diritti umani, che ha anche diffuso la notizia delle quattro nuove decapitazioni. E Valerie Amos, che è a capo delle operazioni umanitarie dell'Onu, è sempre più preoccupata.

«Se i militanti dell'Isis continuano a guadagnare terreno - ha ammonito - vi è la possibilità che altre decine di migliaia di persone siano costrette a fuggire dalla Siria», dopo che sono già oltre tre milioni i siriani che si sono rifugiati in Libano, Turchia e Giordania, oltre ai milioni di rifugiati e sfollati che sono rimasti all'interno del Paese.

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