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Vita più difficile per i ladri: le bici nell’anagrafe digitale

Massimiliano Zangla ha realizzato il portale chiamato www.registerbike.com. Chiunque può registrarsi gratuitamente caricando le foto del proprio mezzo

PALERMO. Con la settimana europea della mobilità sostenibile sono stati davvero tanti i cittadini che hanno scoperto o riscoperto la bicicletta come mezzo di locomozione ideale e nel pieno rispetto dell’ecologia. Quello delle due ruote è un settore in continua ascesa, determinata talvolta da mancanza di fondi economici, ma mossa nella maggior parte dei casi da una volontà precisa di tenersi in forma osservando la città da un altro punto di vista, nel pieno rispetto per l’ambiente.

Resta però sempre scoperto il nervo dei furti, che nel caso delle biciclette sta aumentando di pari passo con la diffusione. Cosa si può fare per sminuire questo fenomeno? Ecco uno dei quesiti che si è posto Massimiliano Zangla, imprenditore palermitano, titolare di un portale di servizi per gli studi legali, impegnato nel settore dell’editoria tecnica per ingegneri ed architetti, ma anche un amante delle attività all’aria aperta. La risposta l’ha messa in atto con un semplice e geniale sistema deterrente grazie all’uso della tecnologia e del web. Zangla infatti ha realizzato un portale denominato www.registerbike.com dove chiunque può registrarsi gratuitamente caricando anche le foto della propria bicicletta.

Si tratta di una sorta di anagrafica, un documento d’identità della bicicletta. «Il sito parte dall'idea di rendere la vita difficile ai ladri attraverso un sistema di dissuasione che complica il furto. – dice Zangla – dopo la registrazione si richiede la generazione di un codice identificativo unico, dedicato alla propria due ruote. Una volta ottenuto il codice personale, questo va stampato su pellicola adesiva trasparente e applicato, seguendo le istruzioni, con colla bicomponente in tutti i punti della bike consigliati nel sito: il codice sarà come saldato e per rimuoverlo sarà impossibile non danneggiare la bici poiché i segnali lasciati sulla vernice, sull'acciaio del telaio e sui cerchioni saranno permanenti e utili a segnalare che la bici è stata rubata.

Così l’effetto dissuasivo è assicurato: il tempo necessario per rimuovere tutti i codici applicati nei dodici punti consigliati è stato calcolato in circa tre ore e per riverniciare la bike, in modo da cancellare le tracce del furto, occorrono tempi maggiori oltre al costo dell’operazione. Inoltre, pensare di rivendere una bici rubata con il codice applicato non è molto conveniente perché l’acquirente attraverso il codice può risalire al proprietario: infatti basta entrare nel sito www.registerbike.com e digitare il codice identificativo che si legge sulla bici per contattare il proprietario con relativo numero di telefono e indirizzo di posta elettronica; inoltre le foto della bici ne semplificano il riconoscimento».

Il sito è gratuito e nel giro di due mesi ha già acquisito migliaia di registrazioni da tutto il mondo. Se il passaparola funziona potrebbe diventare un deterrente eccezionale. Il sistema fornisce anche un servizio di alert con le info su tutte le bici rubate, città per città: basterà che la vittima del furto lo comunichi tempestivamente nello spazio dedicato sul sito per far partire una mail con la descrizione della bici scomparsa diretta a tutti gli iscritti. «Un’idea molto social che potrebbe garantire risultati interessanti». Commenta così Massimo Cannatella, storico artista-artigiano della bici. E’ stato proprio lui a far nascere l’idea di dare un codice identificativo. Cannatella ha creato, infatti, alcuni modelli davvero bizzarri e facilmente individuabili che hanno fatto il giro del web, come la pornobike, realizzata applicando un patchwork di ritagli di riviste osé, o la Berlino 2006 fatta con i ritagli dei mondiali di calcio vinti dall’Italia.

«Quella del codice d’identità è una bella idea, ma per funzionare deve essere recepita dalla comunità dei ciclisti. Purtroppo i furti rappresentano ancora un problema reale da noi. Ricordo un piacevole aneddoto di qualche anno fa quando un’amica, a Pavia, mi prestò una bici per andare alla stazione. Al ritorno mi disse che se non avessi trovato la stessa bici avrei potuto prenderne un’altra e così accadde. In pratica la bici viene considerata un bene collettivo e chi la prende la tratta esattamente come se fosse sua. Nell’attesa che questa cultura giunga fino a noi possiamo sempre affidarci al registro elettronico sul web, per andare sul sicuro».

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