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Quadro Curzio: «Il meridione? Avrà un futuro solo se libero dalla logica del pubblico impiego»

Il professore emerito della Cattolica di Milano: “Le Pubbliche amministrazioni non hanno saputo valorizzare e lasciare spazi adeguati alle forze produttive che pure nel Sud ci sono e sono eccellenti”

«Se nelle regioni meridionali si adottasse una logica industriale, l'Italia potrebbe diventare come la Germania». Frase decisamente a effetto, questa. Specie perché l'hanno scelta due economisti del calibro di Marco Fortis e Alberto Quadrio Curzio in apertura del volume di studi su L'economia reale nel Mezzogiorno, che hanno curato per la casa editrice Il Mulino (tra gli autori dei saggi anche il sociologo siracusano Carlo Trigilia). Per Quadrio Curzio, professore emerito della Cattolica di Milano e presidente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche dell'Accademia dei Lincei, la «questione meridionale» può essere letta anche così: «La logica industriale che ha connotato lo sviluppo del Nord Italia da quasi due secoli è quella di una continua commutazione e interazione tra le forze produttive, imprenditoriali e tecno-scientifiche e le forze politico-istituzionali. Nel Mezzogiorno il fulcro dello sviluppo non si è collocato nella logica industriale, ma nel ruolo dispensatore delle Pubbliche amministrazioni».

UN RUOLO PERVERSO?

«Le Pubbliche amministrazioni non hanno saputo valorizzare e lasciare spazi adeguati alle forze produttive che pure nel Sud ci sono e sono eccellenti. La misurazione del risultato in termini di generazione di occupazione e di produzione vendibile non ha avuto un ruolo centrale malgrado le grandi capacità delle risorse umane che proprio per questo sono emigrate verso il nord e all'estero dove hanno raggiunto risultati eccezionali».

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