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Formazione, riforma pronta
Crocetta: corsi nelle imprese

Corsi anche in scuole e atenei. Le Camere di Commercio indicheranno quali sono i lavori più richiesti dal mercato

Rosario Crocetta

PALERMO. L’aveva annunciato alcuni mesi fa che il sistema della formazione professionale sarebbe stato azzerato. Promessa che il presidente della Regione dovrebbe mantenere domani in giunta: «Approveremo la riforma - dice - garantiremo i lavoratori e continueremo l’azione di lotta senza precedenti agli sprechi e al malaffare». Parole che arrivano alla vigilia della settimana chiave per le sorti del governo alla ricerca di una nuova maggioranza, con Forza Italia e una parte del Pd che respingono al mittente ogni tentativo di dialogo.
Crocetta gioca così la carta delle riforme e accelera sulla più attesa, quella della formazione, invocata da tutti i partiti e temuta dagli ottomila lavoratori del settore. Il governo intravede nello strapotere che hanno avuto gli enti in questi anni la principale causa di truffe e sprechi emersi dalle inchieste giudiziarie. Ed ecco che il punto cardine della nuova legge, che comunque dovrebbe ancora passare dall’esame dell’Aula, riguarda proprio il sistema dell’accreditamento, ovvero dell’autorizzazione a organizzare i corsi: anche scuole, università e imprese potranno ospitare gli allievi e ricevere finanziamenti dalla Regione. E saranno i giovani a decidere dove e quali corsi seguire grazie a un ticket, un voucher che potranno spendere a loro piacimento. Non beneficeranno più, invece, del rimborso per la partecipazione alle lezioni. «Così liberiamo il mercato da blocchi decennali - dice Crocetta - ci saranno regole più rigide per accreditarsi e i corsi saranno strettamente legati al mercato del lavoro».
La nuova formazione, spiega il presidente, si ispira al modello tedesco, con la Camere di commercio coinvolte in prima persona nella gestione della formazione professionale, stabilendo di volta in volta quali sono le figure e i mestieri più richiesti dal mercato del lavoro. Secondo il presidente della Regione «cambia completamente la filosofia del sistema», ed è un’inversione di tendenza invocata dall’Unione europea in materia di formazione professionale e sulla quale il governo nazionale è già al lavoro per recepirne le linee guida. In questo senso, spiegano dall’assessorato guidato da Nelli Scilabra, la Sicilia sarebbe la prima regione ad attuare questi principi.
Crocetta garantisce comunque che tutti i lavoratori del settore saranno tutelati da un albo unico dal quale enti e imprese dovranno prioritariamente attingere al bisogno. «In questo modo - spiega - i dipendenti non saranno più legati alle sorti degli enti nel caso in cui, ad esempio, non dovessero essere più pagati». Ma enti e aziende dovranno sì caso dare priorità agli iscritti all’albo unico, ma se non dovessero trovare le professionalità richieste ci sarà un altro elenco che, come annunciato, sarà aperto in particolar modo a neolaureati o docenti precari.

 

La riforma non è stata ancora resa nota, ma secondo le prime indiscrezioni a questo secondo elenco dovrebbero far parte soprattutto docenti esperti in materie per cui oggi mancherebbe il personale. Queste figure sarebbero assunte con contratti a tempo determinato di un anno collegati ai corsi di formazione, per cui sarebbero attivati solo in caso di necessità e secondo Crocetta non si creerebbe alcuna sacca di precariato.
Per quanto riguarda invece i vecchi enti, non tutto comunque è perduto. Crocetta chiarisce che «per organizzare i corsi saranno introdotti criteri più rigidi per assicurare la qualità della formazione».

 

Dovrebbero essere poi previsti degli «indici di misurazione dei risultati» in base ai quali le strutture riceveranno i finanziamenti. La riforma dovrebbe comunque entrare in vigore tra un anno. Nei giorni scorsi la Giunta ha dato il via libera alla terza annualità dei corsi finanziati col Piano giovani con 150 milioni di euro, circa 70 in meno rispetto a quella in corso. Tra le nuove regole, che dovrebbero essere confermate anche in futuro, lo stop a consulenti e appalti affidati a ditte esterne e regole più stringenti sui rimborsi agli enti, per evitare nuovi casi di affitti d’oro e possibili parentopoli. Per la gestione delle strutture, in sostanza, gli enti avranno a disposizione solo una minima parte delle somme. Il resto dovrà garantire gli stipendi dei lavoratori.

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