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Giornalista Usa decapitato dall’Isis, il Papa telefona ai genitori

NEW YORK. Di fronte al dramma dei genitori di James Foley, il giornalista americano decapitato dall'Isis, Papa Francesco alza il telefono. Il Santo Padre ha raggiunto John e Diane Foley nella loro casa di Richmond in New Hampshire per consolarli della loro perdita. "La famiglia è stata commossa e grata", ha riferito su Twitter il gesuita americano padre James Martin che aveva appreso della telefonata da una fonte vaticana ed era stato autorizzato a diffondere la notizia. James Foley, al pari dei suoi genitori, era profondamente cattolico. Aveva studiato in un college gesuita e nei giorni di un suo precedente sequestro in Libia si era sostenuto psicologicamente pregando e recitando il rosario.    
Papa Francesco si era occupato di Iraq in un incontro con il suo inviato nella regione, il cardinale Fernando Filoni. Bisogna porre fine alle "brutali sofferenze" che stanno sopportando i cristiani e le altre minoranze, aveva scritto il Pontefice in un a lettera al presidente iracheno Fuad Masum di cui Filoni si era fatto latore.    Dal suo inviato Bergoglio aveva voluto sapere quale fosse la situazione, che cosa avesse visto e sentito. Un Papa "molto attento, molto preso" che "ha a cuore - ha riferito Filoni - tutte le situazioni", in primo luogo le attese e le preoccupazioni dei cristiani che sono stati sfollati dalla piana di Ninive e che ora sono nel Kurdistan. Sperano di tornare, prima o poi, nelle loro case ma per questo è necessaria - ha detto Filoni - "una cintura di sicurezza".    
"Rinnovo il mio appello a tutti gli uomini e le donne che hanno responsabilità politiche - aveva scritto il Papa nella lettera a Masum - perché usino tutti i mezzi per risolvere la crisi umanitaria". "Mi rivolgo a lei con il cuore pieno di dolore - dice ancora Papa Francesco che in questi giorni ha ripetutamente lanciato appelli per la situazione dell'Iraq - mentre seguo la brutale sofferenza dei cristiani e di altre minoranze religiose costretti a lasciare le loro case, mentre i loro luoghi di culto sono distrutti". Quindi aveva spiegato alle autorità di Baghdad il senso della missione del cardinale: Esprimere la mia preoccupazione, e quella dell'intera Chiesa cattolica, per la sofferenza di coloro il cui unico desiderio è di vivere in pace, in armonia e in libertà nella terra dei loro progenitori".    
Un messaggio di vicinanza ai cristiani dell'Iraq era stato inviato anche dal cardinal Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente della Caritas internazionale al patriarca di Babilonia, mons. Louis Raphael Sako, e al presidente di Caritas Iraq, mons. Shlemon Warduni: "Siamo accanto a voi, potete contare su di noi". Di ritorno dall'Iraq anche l'arcivescovo di Lione, il cardinal Philippe Barbarin. Colpito dalla "ammirevole" testimonianza di fede di questi cristiani, Barbarin aveva detto che "adesso è il momento di agire: provvedere ai bisogni immediati delle popolazioni sfollate, far sparire l'Isis".  

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