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Santa Caterina: morì per un incendio in casa, non fu attentato

SANTA CATERINA.  L’incendio killer che ha ucciso una pensionata e ferito gravemente il figlio non è stato frutto di un attentato. A queste conclusioni sono giunte le indagini dei carabinieri che hanno archiviato il dossier relativo all’incendio nell’abitazione di contrada Muleri, alla periferia di Santa Caterina, che lo scorso anno ha ucciso la settantunenne Rosina Montes e ferito gravemente il figlio, il quarantottenne Gianfranco La Placa che s’è salvato ma passando per una lunga degenza in ospedale.
Ancora coperti dal segreto istruttorio gli atti dell’indagine dei carabinieri curata dal sostituto procuratore Donatella Pianezzi. Ma per gli inquirenti sarebbe chiaro che la matrice di quel rogo, che ha seminato morte, non sarebbe dolosa.
Piuttosto frutto dell’accidentalità. Ma le esatte cause sono proprio l’aspetto nodale coperto dal segreto istruttorio. L’evoluzione dell’inchiesta, però, ha definito i contorni di una vicenda su cui aleggiava un’ombra più che inquietante.
Quella di un possibile attentato incendiario che quella notte avrebbe intrappolato in casa madre e figlio. Era mezzanotte e mezza dell’8 maggio di un anno fa. Quando d’improvviso è scoppiato un incendio nel loro monolocale di contrada Muleri. Un piccolo fabbricato in blocchi di tufo di una cinquantina di metri quadrati in tutto, nelle campagne di Santa Caterina. I due, nel momento in cui è partito il rogo, dormivano dentro. E non si sono resi conto di ciò che stava accadendo lì, in casa. Accanto ai loro letti. Qualche scottatura l’hanno riportata, ma è stato soprattutto il fumo respirato, che ha reso le loro condizioni di salute critiche. E quella notte madre e figlio sono stati salvati dai carabinieri e trasferiti d’urgenza al centro grandi ustionati del «Cannizzaro» di Catania. Ma tre settimane dopo il cuore della pensionata s’è fermato per sempre. Il fumo inalato le si è rivelato letale. Il figlio, che ha riportato pure scottature, seppur dopo una lunga odissea è poi guarito.
Le indagini, da allora, sono andate avanti. Ma già nell’immediato i militari non hanno riscontrato chiare tracce, che potessero far presupporre la tesi di una sorta di agguato. Anche se per lungo tempo la teoria della dolosità è stata una delle piste più seguite. Ma alla fine le indagini sono approdate ad altra conclusione. E per i carabinieri l’inchiesta è chiusa senza colpevoli e senza ombre.

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