ROMA. La strategia silente che ha caratterizzato gli ultimi anni di Cosa Nostra sembra finita. Bisogna dunque prepararsi a contrastare possibile derive di scontro. Lo sottolinea la Direzione investigativa antimafia nella relazione al Parlamento che rileva"segnali che, sembrano propendere verso derive di scontro ancora da decifrare".
«In un una situazione così delicata e in assenza di profili di rischio così elevati - scrivono gli analisti della Dia - si avverte la necessità di intensificare le attività preventive e di analisi, al fine di cogliere con la massima anticipazione possibile gli eventuali cambi di postura da parte dei sodalizi mafiosi». La relazione disegna una organizzazione «tuttora alla ricerca di nuovi equilibri» e «protesa a recuperare il proprio predominio sul territorio» anche se «la mancanza di una leadership nella pienezza dei poteri impedisce la definizione di strategie operative di vasto respiro e fa sì che l'organizzazione sia ancora influenzata dalle direttive provenienti da capi detenuti e latitanti, ben più autorevoli degli emergenti».
I numeri dicono che la Camorra “spicca” sulle altre criminalità organizzate: dieci omicidi nel secondo semestre 2013, contro i 4 della sacra corona unita (in Puglia), i 3 della 'Ndrangheta e i 2 della Mafia siciliana. In tutto, dunque, 19 morti nel giro di sei mesi. In questo scenario, il documento della Direzione investigativa indica tra le contromisure efficaci l'impiego massiccio delle indagini patrimoniali, capaci di scardinare «il rapporto tra Cosa Nostra e pezzi significativi dell'economia locale». Un legame, ricorda il rapporto, che «alimenta il potere mafioso, contamina la dimensione socio-culturale del territorio frenandone lo sviluppo e impedendo l'evoluzione verso un moderno sistema di governance». Il contrasto a Cosa Nostra deve continuare, inoltre, attraverso «l'offensiva investigativo-giudiziaria nei confronti delle famiglie al fine di impedirne un riconsolidamento delle strutture su più stabili basi».
«L'ultima relazione della Dia al Parlamento conferma l'aggressività e la forza dei poteri mafiosi a cui si contrappone un apparato investigativo e di contrasto di grande professionalità, di cui abbiamo apprezzato il lavoro nel corso delle numerose audizioni e missioni svolte dalla Commissione parlamentare Antimafia». Così il Presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi commenta la relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia. «L'allarme della Dia su livelli di rischio più elevati deve far crescere l'attenzione nella lettura delle nuove sfide - aggiunge - In particolare al nuovo profilo imprenditoriale delle mafie e alle infiltrazioni nell'economia legale e negli appalti pubblici. Non a caso, la Commissione Antimafia ha avviato alcuni focus di approfondimento sui rapporti tra mafie e pubbliche amministrazioni, da Expò 2015 alla ricostruzione in Abruzzo alla presenza nelle regioni settentrionali, mantenendo alta l'attenzione sui territori più esposti all'intimidazione e alla violenza delle cosche, come la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia».
Secondo Bindi non va, inoltre, «sottovalutata la ricerca di nuovi equilibri interni alle mafie, soprattutto di Cosa Nostra, anche se le inchieste stanno colpendo sul nascere i tentativi di ricreare strutture di vertice o, come nel caso Italgas, intrecci ed collusioni economiche di vecchia data ma ancora presenti. Nè il rischio che lo scontro interno alla camorra possa degenerare in una nuova guerra tra i diversi gruppi». «Ma soprattutto - insiste - occorre tenere alta la guardia sulle capacità di inquinamento delle amministrazioni locali sia in Calabria che in Lombardia, Piemonte e Liguria della 'Ndrangheta, che si conferma come la realtà criminale più aggressiva».
Secondo Bindi per contrastare «i tentativi dei gruppi criminali stranieri di organizzarsi sul territorio secondo il modello delle nostre mafie è indispensabile rafforzare la cooperazione internazionale e cogliere l'occasione del semestre di presidenza italiana della Ue per fare della lotta alla criminalità organizzata una priorità nella strategia di crescita dell'Europa». Bindi ricorda anche «i risultati positivi registrati sul fronte dei sequestri e delle confische delle ricchezze mafiose accumulate grazie alla complicità di intermediari, professionisti e imprenditori che agiscono nella legalità» e aggiunge:«le misure di prevenzione patrimoniali si confermano uno strumento essenziale per colpire quella vasta zona grigia in cui le mafie prosperano inquinando la politica e l'economia. Anche oggi, a Trapani, una complessa operazione della polizia di Stato e della Gdf con il sequestro dei beni del vicepresidente dell'Ance Sicilia per un valore di 25 milioni di euro, ha permesso di neutralizzare un comitato d'affari costituito da imprenditori insospettabili e uomini di Cosa nostra che condizionava lavori e appalti di rilevanti opere pubbliche».
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