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Eni di Gela, l'azienda vuole la chiusura dello stabilimento

ROMA. Si chiude con una rottura il tavolo sullo stabilimento Eni di Gela al ministero dello Sviluppo economico. Secondo quanto si apprende da fonti sindacali, l'azienda «è rigida sulla chiusura di Gela», ha respinto la proposta dei sindacati di riavviare gli impianti come condizione per aprire un confronto sulla riconversione.


«L'Eni parla di una chiusura della raffineria e di un impianto di biocarburanti che occuperebbe 250 persone per un investimento di 250 milioni». Lo afferma il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, a margine del tavolo su Gela al ministero dello Sviluppo. Il governatore intende respingere le proposte e sta pensando di «interrompere il tavolo di confronto sui pozzi». «Veniamo beffati due volte - conclude - da un lato ti rovinano il paesaggio e l'ambiente con i pozzi e dall'altro ti licenziano i lavoratori». 


Le organizzazioni sindacali dei chimici dei lavoratori dell'energia e della gomma si sono dati appuntamento, domani, a Roma, per decidere un nuovo programma di lotta con scioperi che interesseranno tutte le fabbriche dell'Eni. Delusione e rabbia a Gela, dove la notizia della rottura del negoziato ha ulteriormente esasperato gli animi tra i lavoratori che da un mese presidiano il petrolchimico. La polizia ha intensificato la vigilanza e si temono incidenti.


Secondo fonti sindacali, l'Eni prevede, per i prossimi tre anni, in territorio siciliano e nel suo off-shore investimenti per 2,25 miliardi. La fetta più grossa da 1,8 miliardi è destinata a ricerca, perforazione e sfruttamento di nuovi giacimenti di gas e di petrolio (upstream); 250 milioni sarebbero destinati alla riconversione della raffineria di Gela per la produzione di bio-carburanti, e 200 milioni per effettuare le necessarie bonifiche e per la creazione di un centro di formazione specialistica del personale su produzione e sicurezza. In queste attività troverebbero occupazione 790 dipendenti diretti, a fronte degli attuali 1.200 in servizio.


Più garantiti i livelli occupazionali dell'indotto perchè spetterebbe alle imprese appaltatrici effettuare i lavori di riqualificazione produttiva con la costruzione delle nuove
apparecchiature e gli interventi di bonifica.

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