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Crocetta al Giornale di Sicilia: "La situazione di Gela è dovuta alla gestione dell'Eni al nord"

PALERMO. Per Rosario Crocetta è l'incrocio più pericoloso nella sua esperienza alla Presidenza della Regione. Una partita complicata sul piano politico, economico ma anche personale. L'Eni è intenzionata a chiudere la raffineria di Gela, la cittadina da cui ha preso avvio la carriera politica, prima come sindaco, poi europarlamentare e infine «sindaco di tutti i siciliani» come ama definirsi. Ed ecco perché ai tremila operai in sciopero annuncia che difenderà l'impianto «come l'ultimo Samurai nella Seconda Guerra Mondiale». All'Eni minaccia: se va via si può scordare i nuovi permessi di trivellazione di petrolio nel Canale di Sicilia che valgono 2,4 miliardi e, soprattutto, una raffica di denunce per disastro ambientale nel sito che oggi ospita l'impianto. Non manca qualche atto puramente simbolico. Un grande concerto da organizzare al Politeama a sostegno di tutte le aree di crisi: Gela, ma anche Termini, Siracusa, Priolo, Carini, i Cantieri Navali.


UN ELENCO CHE FA PAURA. IL GRANDE SOGNO INDUSTRIALE DELLA SICILIA FINISCE QUI?


«Fosse stato per me la raffineria di Gela non l'avrei mai fatta costruire. Ero bambino e prima che la realizzassero c'era una delle più belle spiagge del Mediterraneo. Ora è un'area avvelenata. Ecco perché dico che l'Eni non se ne può andare e se pensa di farlo pagherà un conto salatissimo.. Che cosa pensa di fare? Lasciarci migliaia di disoccupati e un sito devastato dove la vita, forse, tornerà fra cento anni?».
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