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Cadono le accuse, assolti i vertici della Raffineria di Gela

GELA. Assolti a conclusione di un lungo procedimento scaturito da un’indagine che condusse i magistrati della procura a mettere sotto stretta osservazione l’intero sistema antincendio dell’area pontile della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore. L’attuale amministratore delegato Bernardo Casa e il suo predecessore Battista Grosso, oltre ai tecnici del gruppo Aurelio Faraci e Salvatore Lo Sardo, sono stati assolti dal giudice Domenico Stilo. Dovevano rispondere di falso e di aver reso inefficiente l’intero sistema di sicurezza antincendio dell’area pontile dello stabilimento, senza prevedere un vero e proprio isolamento dalle linee di trasporto degli idrocarburi.
Stando ai magistrati della procura, infatti, avrebbero cercato di aggiustare i dati tecnici delle linee antincendio per ottenere il via libera dalla speciale commissione incaricata dei controlli. Il pubblico ministero Francesco Spataro, a conclusione della sua requisitoria, ha chiesto pesanti condanne. Tre anni e sei mesi di reclusione per i tecnici Salvatore Lo Sardo e Aurelio Faraci, un anno a testa, invece, per Bernardo Casa e Battista Grosso. L’avvocato Salvo Macrì, rappresentante dell’ente comunale costituitosi parte civile insieme a quello provinciale, ha a sua volta chiesto una pronuncia di condanna. «Senza quelle false indicazioni – ha spiegato il pm Spataro – non sarebbe arrivato l’ok al collaudo. La difesa degli imputati sostiene che la ceca collocata lungo la linea antincendio avrebbe potuto isolarla da quella per il transito degli idrocarburi. I tecnici, però, hanno descritto conclusioni diverse. Nei verbali si legge di una manichetta dalla quale fuoriuscivano sostanze del tutto difformi da quelle previste». Gli avvocati difensori hanno nettamente contestato la ricostruzione fornita dalla pubblica accusa. «Tutto ciò – è intervenuto l’avvocato Piero Amara – è scaturito da un’indagine assurda. Ci sono elementi che non trovano corrispondenza in quello che effettivamente si verifica in quella zona della fabbrica. Sono disposto, per evitare ogni dubbio, anche ad un esperimento giudiziario sui luoghi. È assolutamente impossibile che il transito dall’eiettore possa contaminare la linea antincendio. Sono state collocate ben tre valvole di non ritorno». Dello stesso avviso l’altro legale di difesa, l’avvocato Gualtiero Cataldo. «In realtà – ha spiegato – c’è da mettere in discussione l’esistenza stessa degli elementi idonei a contestare un’accusa di falso in atti pubblici. Vorrei capire dove sono questi atti pubblici. Al massimo, si trattava di semplici autorizzazioni. Per questa ragione, il giudice dovrebbe procedere ad una rideterminazione del capo d’accusa». Alla fine, la linea difensiva è stata accolta, tanto da spingere lo stesso giudice a leggere un dispositivo d’assoluzione per i quattro imputati.

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