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Immigrazione, naufragio del 3 ottobre: fermi e avvisi di garanzia

PALERMO. Personale del Servizio centrale operativo e delle Squadre Mobili di Palermo ed Agrigento hanno eseguito 9 decreti di fermo e 5 informazioni di garanzia nelle province di Agrigento, Catania, Milano, Roma e Torino nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di Lampedusa del 3 ottobre del 2013, quando morirono 366 migranti. Due indagati sono in Africa, uno in Svezia e il quarto a Roma. Sono state svolte diverse perquisizioni e gli investigatori hanno sequestrato denaro in contante, documenti su trasferimento di soldi attraverso money transfer e altro materiale utile per le indagini. I provvedimenti sono stati emessi  dalla Dda di Palermo nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, nonché di favoreggiamento dell'immigrazione e della permanenza clandestina, aggravati dal carattere transnazionale del sodalizio malavitoso.    

Le indagini, avviate dopo il tragico naufragio avvenuto il 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa e nel quale persero la vita almeno 366 migranti, hanno consentito di ricostruire le rotte e le tappe intermedie (caratterizzate spesso da stupri di massa e segregazioni) di quello e di numerosi altri terribili viaggi della speranza compiuti da centinaia di migranti, spinti e sfruttati durante le peregrinazioni, dai componenti di un pericoloso network malavitoso transnazionale, composto da soggetti eritrei, etiopi e sudanesi, i cui principali esponenti sono anch'essi destinatari del provvedimento restrittivo.Anche attraverso mirate attività tecniche è stato possibile verificare come l'attività di reclutamento e trasporto in Italia di consistenti flussi di migranti trovasse un importante appendice nel nostro Paese in attive ed efficienti "cellule" eritree, capaci di favorire la permanenza degli extracomunitari e prepararne l'approdo in altri stati del nord Europa e del Nord America.



Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi vi sono un cittadino etiope e uno cittadino sudanese, ritenuti, da tempo, tra i più pericolosi e importanti trafficanti di migranti. In particolare, è emerso che quest' ultimo aveva il ruolo di raccogliere a Khartoum (Sudan), una
consistente parte di migranti che venivano trasferiti, spesso con modalità vessatorie, a Tripoli (Libia), dove l'altro, dopo averli tenuti «segregati» in diverse abitazioni, di cui ha la
disponibilità, li faceva imbarcare su natanti fatiscenti diretti verso le coste siciliane. Le investigazioni hanno consentito - dice la polizia di Stato - d'individuare «una cellula della medesima associazione criminale, composta da cittadini eritrei operanti in Italia, in particolare nelle province di Agrigento e Roma, che favoriva la permanenza illegale di migranti clandestini sul territorio nazionale e ne agevolava il successivo espatrio, sempre illegalmente, verso altri Paesi dell'Unione Europea, in particolare Norvegia e Germania, o del continente americano, tra tutti il Canada».

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