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Volti feriti dalle bombe e dalla miseria La Palestina negli scatti della Schininà

La fotografa ragusana è rientrata dal viaggio sconvolta dalle ingiustizie subite dai profughi. Tutte le immagini alla galleria Biotos di Palermo

PALERMO. Le immagini di Franca Schininà partono dalla necessità di raccontare, comprendere, giustificare. E se ad un certo punto, le scuse e le giustificazioni non riescono più a colmare i vuoti e i silenzi di chi amministra, ecco che gli scatti servono a documentare e denunciare. Ecco così che la fotografa ragusana è diventata una testimone dei conflitti palestinesi e, più ancora, del dolore di un intero popolo costretto a cercare una casa. Gli scatti di Franca Schininà sono ancora visibili oggi da Biotos dove la fotografa ha allestito una sua personale dedicata appunto alla Palestina. Immagini crude, in un bianco e nero a tratti soffocante, che non riescono a far sorridere perché dentro accolgono una miseria infinita. Ragazzi dietro il filo spinato, giovani donne che conoscono la vita a quattordici anni, uomini che vorrebbero scappare e non possono; gente che forse non ha mai sognato. Immagini nette, tagliate al coltello, dove la luce è solo uno dei personaggi maldestri che si offrono all’obiettivo. Franca Schininà è partita per la Palestina con Pax Christi due anni fa, al seguito di un pellegrinaggio di Pace e Giustizia. «Per cercare di conoscere la verità, tentare di capire cosa stesse accadendo in una terra, in fondo, così vicina a noi, dove la verità è o sparita sotto i bombardamenti o deformata all’inverosimile dall’informazione mediatica, praticamente venduta al “potere”», racconta oggi la fotografa. Il viaggio la cambiò dentro, Franca è rientrata sconvolta, martoriata emotivamente dagli eventi a cui aveva assistito, conscia del fatto che l’informazione non era libera, che le notizie arrivavano soltanto strumentalizzate e deformate a dovere. «In quei pochi giorni passati in Palestina assistemmo soltanto a soprusi, ingiustizie, malvagità, prepotenze del popolo israeliano, giustificate da menzogne e falsità, avallate dai Paesi occidentali – racconta la fotografa -. Visitammo anche i campi profughi, dove vivevano intere famiglie cacciate dalle loro case e territori. Un muro, alto e terrificante, correva attorno ai campi, per imporre ai profughi una pseudo vita: ore precise per uscire da lì, recarsi all’università o al lavoro, file interminabili ai check point dove i palestinesi si sottoponevano ogni giorno a controlli interminabili, sotto i mitra di militari ragazzini».
Tra tutti, Franca Schininà racconta di Vittorio, cooperante che non ha mai voluto lasciare il massacro di Gaza, che inviava mail e informazioni per documentare soprusi e stragi, che firmava sempre «Restiamo umani». Tutto questo è raccontato per immagini: scatti su scatti che sembrano un quotidiano degli orrori a misura d’uomo. «Ho sempre pensato, e sempre con maggiore consapevolezza, di possedere il mezzo per poter far conoscere, o meglio denunciare, attraverso le mie immagini, uno tsunami di ingiustizia che dilagava sempre di più», spiega la fotografa che presto allestirà una sua antologica al Castello di Donnafugata.

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