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Ricondurre l’Italia alla normalità

«Non abbiamo preso il 41 per cento per lasciare il Paese in mano a Mineo». Il Matteo Furioso appena rientrato dalla missione in Asia ha messo i piedi nel piatto: la gente ha votato me come non era mai successo in questo partito, la linea sulle riforme la detto io, i dissidenti se ne facciano una ragione. Se i Popolari avevano cacciato un ex ministro come Mario Mauro dalla commissione Affari costituzionali del Senato perché non in linea con la maggioranza, poteva il segretario-presidente accettare che un ex direttore di Rainews 24 gli mandasse per aria la riforma elettorale? Mineo è un giornalista bravo e simpatico, ma – come sanno bene i suoi seguaci televisivi – è anche un comunista a tutto tondo. Tra lui e Renzi c’è una distanza ben maggiore di quella tra un Gorbaciov e un Tony Blair. Ma c’è un problema. La schietta brutalità del premier non è piaciuta all’ala sinistra del partito e a tredici senatori che si sono autosospesi dal gruppo per solidarietà con Mineo. La maggioranza, amplissima alla Camera, è dunque seriamente a rischio al Senato. L’accordo sulla riforma elettorale, soprattutto dopo l’esito dei ballottaggi di domenica scorsa, sarà prevedibilmente rinnegato da Silvio Berlusconi. Ad Alfano e a quel che resta di Scelta Civica non piaceva nemmeno prima perché sacrifica i partiti minori. Perciò – Mineo o no – una riflessione dovrà essere fatta.
E la stessa cosa avverrà prevedibilmente sulla riforma del Senato, anch’essa indigesta a Forza Italia che però non ha ancora presentato una controproposta credibile. Questo indebolirà la forza del presidente del Consiglio reduce da un successo elettorale che resta storico, nonostante gli incidenti di percorso di Livorno, Perugia e Padova? No, se Renzi saprà unire alle qualità di decisionista quelle di mediatore, fuori e dentro il suo partito. Sia la legge elettorale che la riforma del Senato si possono migliorare senza traumi e senza che nessuno perda la faccia. E il presidente del Consiglio è in grado di pilotare la nave anche dentro questo budello senza finire sugli scogli.
Lo stesso discorso vale per altre riforme di sistema come quella della magistratura. La responsabilità dei magistrati per i danni da essi provocati è stata istituita 25 anni fa dopo la vittoria dei radicali in un referendum, ma non ha mai funzionato. Le strettoie per accertarla sono enormi e rarissimamente lo Stato si è rivalso sui giudici. La responsabilità diretta dei magistrati nei confronti del cittadino votata a sorpresa alla Camera è troppo traumatica e infatti non esiste in nessuno dei principali paesi. Anche all’estero è lo Stato a risarcire i cittadini, ma le maglie per ricorrere contro i magistrati sono ben più ampie delle nostre e soprattutto l’amministrazione si rivale inflessibilmente sui giudici che sbagliano. Sarà possibile ricondurre anche l’Italia alla normalità? Sarà possibile riformare l’elezione del Consiglio superiore della magistratura in modo da ridurre il peso asfissiante delle correnti che hanno una forza sconosciuta agli stessi partiti politici? E disciplinare l’obbligatorietà (teorica) dell’azione penale in modo che non sia il singolo magistrato o al massimo il suo procuratore capo a decidere quali reati perseguire e quali no? Se Matteo Renzi vuole diventare uno statista, questi sono i compiti a casa più difficili da fare. Guai a marinare il giorno dell’esame...

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