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Ars, i super stipendi tagliati fra due mesi: parte la corsa alla pensione

PALERMO. I compensi ai superburocrati dell’Ars saranno tagliati dal primo agosto, e ora scatta la corsa alla pensione. Perchè il piano annunciato ieri, fra mille difficoltà, dal presidente Giovanni Ardizzone, prevederà una fase transitoria (ancora da codificare) in cui gli alti dirigenti potrebbero mantenere il vecchio stipendio in attesa di andare in quiescenza e calcolare l’assegno sfruttando gli attuali parametri. Anche per questo motivo il risparmio nei primi anni sarà minimo perchè la spesa si sposterà dal capitolo di bilancio destinato agli stipendi a quello delle pensioni. Ardizzone ha tuttavia dovuto forzare la mano per poter annunciare la riduzione dei compensi, adeguati ora al tetto imposto da Renzi a Roma. La trattativa con i sindacati interni si annuncia lunga e infatti la conclusione è prevista per il 31 luglio. Dopo dovrebbero scattare tetti differenziati per fasce di carriera: i consiglieri parlamentari dovrebbero avere 240 mila euro lordi all’anno, gli stenografi al massimo 200, i segretari 145 mila e i coadiutori 111 mila. Il minimo agli assistenti: 92 mila. Il segretario generale, che oggi secondo Crocetta incassa 650 mila euro, perderà il contratto autonomo e dorato e rientrerà nella carriera dei consiglieri avendo solo una indennità extra di 24 mila euro. Anche per questo motivo Sebastiano Di Bella, l’attuale segretario generale, dovrebbe andare in pensione nei prossimi mesi. Gli altri alti vertici prossimi a lasciare gli uffici sono il vice segretario generale Silvana Tuccio e il direttore del servizio Informatica Gaetano Savona. Avrebbe chiesto di andare in pensione anche il capo della Ragioneria Domenico Cuccia. E altre richieste stanno per arrivare: alla fine dovrebbero essere una decina. Per i grillini «l’eventuale clausola di fuoriuscita, che permetterebbe a chi lascia entro un anno di mantenere il maturato contributivo, sarebbe come cucire un vestito su misura per alcuni burocrati allo scopo di salvargli la pensione d'oro».
Ardizzone ha ammesso che «il piano che stiamo studiando dovrà garantirci di non incorrere in contenziosi». Segnale che lo scontro con gli alti burocrati è durissimo. E ieri, durante la conferenza in cui Ardizzone e Paolo Ruggirello hanno annunciato i tagli, gli alti burocrati presenti erano parecchi e la tensione era palpabile. Ardizzone ha annunciato anche un piano di pensionamenti che porterà a un assottigliamento dell’attuale pianta organica di circa 260 dipendenti. E ha previsto anche di imporre all’Ars la chiusura alle 21,30 nei giorni in cui non c’è seduta per limitare il peso dello straordinario.
Ma soprattutto, il presidente dell’Ars ha annunciato la volontà di rendere pubblici gli effettivi stipendi dei dirigenti. Oggi l’Ars pubblica solo generiche fasce di reddito che non tengono conto di anzianità, scatti e bonus vari: il segretario generale, secondo queste tabelle, incasserebbe 12 mila euro al mese netti per 15 mensilità e i dirigenti di fascia alta 8.800 netti. «Prendo l’impegno di rendere pubblici i compensi. E anticipo che per alcune fasce il taglio dello stipendio sarà del 50%, per le altre sarà gradualmente inferiore» ha detto Ardizzone.
Che in mattinata, ha incontrato i vertici regionali di Cgil, Cisl e Uil. E non a caso Claudio Barone e Gianni Borrelli della Uil hanno rivelato che «il presidente ci ha informato che malgrado tagli annunciati a inizio anno la spesa per il personale è già cresciuta di quasi un milione per via di scatti e automatismi su cui va fatta chiarezza». La Fp Cisl, con Paolo Montera e Gigi Caracausi, ha definito il piano di Ardizzone «una buona base di partenza. Dal 1948 a oggi è la prima volta che veniamo interpellati». E Michele Pagliaro ed Enzo Abbinanti della Cgil «se non c’è un quadro chiaro delle posizioni retributive esistenti non si può parlare di trattativa. C’è il rischio che si continuino a tutelare i trattamenti massimi».
L’incontro fra Ardizzone e i segretari confederali è stato molto contestato dai sindacati interni. Rosario Miccichè, rappresentante dei consiglieri parlamentari, rivela che «è stato un incontro fallimentare, anche perchè gli iscritti di Cgil e Cisl si sono tutti dimessi».
La mossa di Ardizzone arriva proprio nel giorno in cui il Commissario dello Stato dà il proprio via libera alla norma che introduce un tetto di 160 mila euro agli stipendi dei dirigenti regionali e degli enti collegati. Crocetta ha sottolineato la differenza fra Regione e Ars. E anche i grillini si scatenano: «All’Ars il tetto sarà di 240 mila euro, non si vuole rinunciare ai privilegi».

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