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Di Piazza, l’anima «verde» del surreale Si inaugura la mostra a Palermo

Da oggi alla Gam una personale del pittore che è anche un allarme contro l’abominio che l’uomo sta perpetrando sul pianeta. Tutto nasce da un forte sentimento ambientalista, dalla coscienza che ci vorranno millenni per riparare al danno

PALERMO. L'arcifantastico Fulvio Di Piazza dipinge scenari post atomici, sogna surreali tristezze laviche, mummie fossili scavate da millenni, è inseguito da un animalesco magma toro-caimano con gli occhi e le narici in perenne movimento che lo spinge a correre sulle tele sui muri e sui mari lasciando dietro colori, luci e trasparenze, tutte bellissime e infernali, morte o vive visioni senza idillio. Con la sfida pittorica di tradurre tutta la vita in centimetri quadrati, e qualche volta ne parla come di un sogno permanente, «...la mia ossessione di rappresentare nella fissità di un quadro le cose in perenne mutazione come le nuvole o il magma...».
È il pittore siciliano che da ragazzino dell'Accademia di Belle Arti di Palermo ad oggi racconta il ciclo della vita, dai cieli azzurri con natura florida che dipingeva ieri, all'orrido attuale dei disastri ambientali e dei rifiuti, alla paura di perdere il bello del mondo per troppo uso. E come atto di presenza, nel ruolo di comparsa fra gli attori del sistema, inserisce autoritratti piccoli e nascosti, mimetizzati nel grigio delle devastazioni. Fra migliaia di balenotteri che corrono tutti in una direzione inserisce un semi-lui Fulvio Di Piazza consunto dai secoli, naso forte come oggi, occhi infossati. E anche con paura oggi sovrappone il Nettuno dei libri di scuola e del mare blu con il Netturbe dello schifo cosmico: e crea il Netturbo, un autoritratto che ricorda una discarica e chiede di piangere, pietà, abbracci, consolazioni, resistenze, rivoluzioni. È un «verde» del surrealismo ed ha una magia che funziona sempre: riesce ad aspirare fortemente l'osservatore dentro l'opera, a catturarlo e inondarlo di colori e di barocco, «come mi ha insegnato mia madre pianista, che parlava barocco e suonava barocco».
Fulvio Di Piazza e l'Isola Nera da oggi alla Galleria d'Arte Moderna di Palermo. E l'Isola Nera è un enorme murale che ha realizzato nelle ultime ore, chiuso nelle sale di piazza Sant’Anna: entrate qui e guardate, e cadete come Alice nel cunicolo, nell'accelerazione fantastica di un artista che ha paura dell'incubo e avverte tutti del suo arrivo.
Un gigantesco schizzo di lava-cartapesta esplode molle in tutte le direzioni, un'onda del Serpotta si lancia intorno alla Sicilia retroilluminata. L'Etna è bollente e la folla di balenotteri-spermatozoi che convergono sono diretti dalla vita. «Tutto nasce da un forte sentimento ambientalista... ma anche da un cielo che ho visto a New York, da pensieri suscitati da un saggio di Rifkin sull'entropia e dal contare quanti millenni sono necessari per ricostituire una quantità di energia che è stata usata in pochi secondi. Tutta la bellezza che abbiamo sotto gli occhi va degradandosi e questo diventa la matrice della mia pittura, è un allarme...». E continua: «Vado avanti a sensazioni, mi emoziono, invento cose su cui riflettere, io credo che il mio sia un lavoro sul fantastico che risente delle tematiche contemporanee».
Nelle altre sale Pacific è ispirato alla trash island, «la grande isola di microframmenti di plastica che galleggia al centro dell'Oceano Pacifico e che di fatto sta distruggendo tutta la fauna e la flora marina». Nella «Sala degli amici» la dedica con ritratti ai pittori della Scuola di Palermo, ad Alessandro Bazan, a Francesco De Grandi «misterioso, oscuro e gioioso. Al compianto Andrea Di Marco che con quest'opera se ne va in giro per l'universo fantastico: un gruppo di artisti e amici, abbiamo condiviso la passione per la pittura come ricerca innovativa, con affetto e solidarietà».
Madre blu viaggia nel cielo a pecorelle ed è «una mucca cosmica che dà origine all'universo». La grande Accross the Universe ha un alligatore mostruoso e rubinetti di lava, c'è in giro una folla di nuvole e colori, spermatozoi escono dalle tele, spire vegetali inseguono i visitatori.

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