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Come smascherare il fotoritocco, la soluzione arriva da Internet

Si chiama Izitru l’applicazione che riconosce subito un lavoro falso. Presentata la settimana scorsa da una software house statunitense, la Fourandsix Technologies

PALERMO. L’avvento della tecnologia digitale in ambito fotografico ha reso possibile la manipolazione delle immagini e la conseguente creazione di scene surreali. La metafisica illustrata nelle sapienti opere artistiche del maestro catalano Salvador Dalì è diventata presenza scenica in paesaggi urbani fuori dagli schemi, dove tutto è possibile e diventa realistica la presenza di animali della savana all’interno della metropolitana parigina, come è riuscita a fare la fotografa francese Clarisse Rebotier. Ma se da un lato queste manipolazioni digitali, eseguite con l’aiuto dei programmi di fotoritocco come il notissimo Photoshop, trasformano gli scatti fotografici in opere impensabili, diverso è l’impatto che si ottiene con i falsi spacciati per reali come accade ormai sempre più spesso sui giornali di gossip o peggio ancora nei reportage di guerra, dove la foto artefatta contribuisce a rendere la notizia più coinvolgente.

Dal web arriva però una soluzione per controllare le manipolazioni illecite. Izitru è il nome di un'applicazione in grado di smascherare il trucco; è stata presentata la settimana scorsa da una software house statunitense, la Fourandsix Technologies; funziona riconoscendo, attraverso diversi algoritmi di controllo, se i pixel del file originale siano stati ritoccati o meno. Il software agisce da controllore sugli scatti caricati in rete. Serve per certificare l’autenticità e la bontà di un’immagine. In pratica un fotografo che dovesse avere la necessità di garantire la veridicità dello scatto potrà caricare la foto in formato jpeg per avviare il test. Il sistema fa partire una combinazione di sei criteri per scovare un eventuale intervento manipolativo, controllando se il file è stato salvato più di una volta, se è stato compresso, quale macchina fotografica è stata utilizzata, e verificando i dati registrati in tutti gli scatti digitali per elaborare la conformità secondo norme precodificate. Al termine della verifica il programma attribuisce un punteggio che indica in una scala di valori quanto sia corrispondente al vero; la piattaforma consente poi di condividere in rete il link all’immagine caricata, permettendo al fotografo di raccogliere crediti sull'attendibilità.

In realtà non è così facile identificare una contraffazione sulle foto digitali. Lo afferma il professor Sebastiano Battiato, docente di informatica, esperto in questo campo, consulente per la Procura di Milano. Fa parte del team di Iplab, Imaging Processing Laboratory: laboratorio di ricerca sperimentale del Dipartimento di matematica ed informatica presso l’Università di Catania. «Il giudizio finale - dice Battiato - nasce sempre dall’esperienza e dalla sensibilità di chi indaga. I software di analisi forense in circolazione non bastano da soli per dire se un’immagine digitale è vera o falsa». Così capita di imbattersi spesso in autentici falsi d'autore che talvolta hanno creato anche seri imbarazzi, come nel caso del fumo nero sulle immagini dell’attacco a Beirut, che ha costretto la Reuters a licenziare il fotografo fraudolento nel 2006; analoga situazione verificatasi con un fotografo dell’Associated Press, reo di aver eliminato dall’immagine di un soldato in transito su delle macerie, la telecamera di un collega visibile in un angolo nell’inquadratura originale.

Dell’arte della manipolazione dei pixel il fotografo palermitano Francesco Italia invece ne ha fatto un lavoro che distingue il suo stile. Ritrae il soggetto in studio e dopo un’attenta elaborazione grafica lo immerge in ambienti realistici. Una tecnica molto usata in campo pubblicitario, che ha consentito al fotografo palermitano di firmare le campagne di comunicazione della regione Calabria mettendo in luce i bronzi di Riace in un contesto all’aperto.

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