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La Sicilia si rialza, Salerno: «Torna il segno più per export e pil, ma il fisco penalizza»

PALERMO. «Nel 2014 è tornato anche in Sicilia il segno più sul prodotto interno lordo e sulle esportazioni, segno che il momento peggiore della crisi è passato»: lo afferma Nino Salerno, vicepresidente di Confindustria Sicilia, che aggiunge: «Questa inversione di tendenza ci lascia ben sperare, ma adesso servono scelte politiche coraggiose per favorire la piena ripresa. È preoccupante vedere che gran parte della spesa pubblica è assorbita da 55 mila stipendi mentre ogni giorno tante imprese sono costrette a chiudere».

IL QUADRO ECONOMICO RESTA ALLARMANTE, MA L’ISTAT HA INDICATO UNA LEGGERA RIPRESA DEI CONSUMI A LIVELLO NAZIONALE. COSA DICONO I NUMERI IN SICILIA?
«Effettivamente rispetto allo scorso anno, i primi mesi del 2014 sembrano indicare una inversione di tendenza. Ma pur volendo restare ottimisti non dobbiamo perdere il contatto con la realtà. In Sicilia il Pil reale nel 2012 era di meno 3,80 per cento, nel 2013 è passato a meno 2,10 mentre nel 2014, in base ai dati nei primi mesi dell’anno e a una previsione più o meno corretta, siamo allo 0,6. In pratica abbiamo tolto il segno meno davanti e questo è già un buon risultato. Se parliamo poi di importazioni passiamo dall’11,3 per cento del 2012 al meno 9,6 del 2013, mentre oggi viaggiamo a meno 1,7 per cento. Anche qui una consistente inversione di tendenza. Stesso discorso per le esportazioni. Nel 2012 eravamo al 21,80, per poi piombare a meno 15,80 nel 2013 e oggi siamo al più 7 per cento. Questi numeri sono frutto dei risultati di gennaio e febbraio e di una proiezione molto attendibile su tutto il 2014. Anche i consumi delle famiglie sono cresciuti. Da meno 3,9 del 2012, poi nel 2013 meno 2,6 e oggi un leggerissimo aumento dello 0,1 per cento che di fatto toglie il segno meno davanti. Crescita simile per i consumi collettivi».

QUESTI DATI INDICANO CHE LA CRISI È DAVVERO FINITA?
«Difficile dirlo, intanto registriamo questa importante inversione di tendenza che ci lascia ben sperare. Ma se per esempio settori strategici come l’edilizia o l’agroalimentare si rimettono a marciare, la ripresa sicuramente sarà più veloce. Mi piacerebbe confermare che la crisi è finita, ma credo che dobbiamo soffrire ancora per un po’».

IL TESSUTO IMPRENDITORIALE SICILIANO, INVECE, COME HA ATTRAVERSATO LA CRISI?
«Le aziende hanno reagito in due modi differenti. Molte purtroppo non ce l’hanno fatta e hanno dovuto chiudere i battenti o si sono ridimensionate. Altre che hanno resistito e continuano a farlo e hanno tutto il nostro sostegno perché sono quelle che rimanendo in piedi possono assicurare una ripresa delle attività e un aumento dell’occupazione».

LA DISOCCUPAZIONE RESTA INFATTI A LIVELLI ALTISSIMI, QUALI SONO I DATI IN VOSTRO POSSESSO?
«Il dato che ancora oggi desta una certa preoccupazione è proprio quello della disoccupazione. Siamo passati dal 18,67 per cento del 2012, al 21 per cento del 2013 e quest’anno siamo a quota 23 per cento. A mio avviso questo picco dovrebbe essere la punta massima perché si tratta di un dato eccessivamente penalizzante».

QUALI MISURE METTERE IN CAMPO PER AIUTARE LE IMPRESE A USCIRE DAL TUNNEL?

«Sicuramente l’edilizia è uno dei comparti trainanti perché coinvolge anche l’artigianato, gli installatori, i servizi per le aziende e tante altre attività correlate. Bisognerebbe mettere in campo quelle azioni per far ripartire i cantieri delle grandi opere ma anche dei piccoli interventi di manutenzione. Oggi abbiamo bisogno di progetti per la ristrutturazione di edifici, per le strade che sono un colabrodo, e credo che ci sia lavoro sufficiente per favorire la ripresa. Penso che se gli investimenti pubblici in settori strategici come le infrastrutture fossero già ripartiti, se la Regione avesse utilizzato meglio le risorse comunitarie a disposizione, oggi la crescita sarebbe stata più veloce».

MENTRE LE IMPRESE CHIEDONO DI FAR RIPARTIRE I CANTIERI, LA REGIONE È ALLE PRESE CON 55 MILA STIPENDI PUBBLICI A RISCHIO. QUAL È LA SUA OPINIONE?
«Questo scenario è molto preoccupante, perché dimostra chiaramente che la gestione dissennata di tanti anni oggi pone in condizione di grande disagio sia i lavoratori sia le imprese che reclamano misure per favorire il vero sviluppo. Il problema è che le deficienze della pubblica amministrazione si ripercuotono sulle imprese e sui cittadini. Oggi la ripresa della Sicilia dipende soprattutto dalle scelte politiche che saranno prese e su quello che i privati e le imprese potranno realizzare».

QUALI SONO I PRINCIPALI OSTACOLI ALLA CRESCITA RISCONTRATI DALLE AZIENDE?

«C’è sicuramente un problema legato alla pressione fiscale eccessivamente penalizzante. La riforma del lavoro ha messo in piedi tutta una serie di norme che sicuramente favoriscono l’assunzione di personale, ma senza le condizioni per la ripresa dell’economia, difficilmente l’occupazione potrà tornare a crescere. Prima di tutto bisogna risolvere tutti quei problemi legate all’accesso al credito e alla pressione fiscale».

COSA SERVE ALL’ISOLA PER RIPARTIRE? QUALI MISURE BISOGNA METTERE IN CAMPO?
«A livello di Confindustria stiamo portando avanti diverse attività per aiutare le imprese a rivolgersi a mercati esteri più vicini a noi e più facili da raggiungere. Ci stiamo spendendo realmente in una’azione di promozione della Sicilia nel contesto del Mediterraneo. Sono anni che se ne parla, ma una simile attività forse non è stata mai fatta. E oggi, considerando anche che le esportazioni cominciano a dare segnali di risveglio, significa che il lavoro svolto inizia a dare i suoi frutti».

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