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Caltanissetta, finti corsi per poliziotti: in tre dal giudice

CALTANISSETTA. Settecento euro, o poco più, sarebbero stati sufficienti a garantirsi l’appartenenza ad uno pseudo corpo di polizia per regolamentare il traffico. I quattrini sarebbero serviti per la frequentazione di corsi, pure quelli - per l’accusa - assolutamente fasulli. Questo lo scenario complessivo che ieri è approdato al cospetto del giudice Antonio Napoli chiamato a processare tre imputati. Sono un funzionario della Regione che in precedenza ha chiesto, senza che egli venisse concesso, il patteggiamento; al suo fianco sono alla sbarra anche una guardia giurata e il fratello.

La procura, nello specifico il sostituto Roberto Condorelli (ieri l’accusa era rappresentata in aula dal pm Teresa Li Vecchi), ha contestato nei loro confronti i reati, a vario titolo, di truffa, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, falso materiale e possesso di segni distintivi contraffatti. Nei confronti dei tre sono una dozzina le parti civili costituite (assistiti dagli avvocati Massimiliano Bellini e Francesco Giglio) a fronte di decine e decine di parti lese - una ottantina e forse più - che alla fine hanno scelto di rimanere fuori dal procedimento. Nel gran calderone dell’indagine sono entrati, nella fase iniziale, anche una seconda guardia giurata e un imprenditore. Ma i loro nomi, poi, sono stati tirati fuori dal fascicolo.

L’indagine della Digos due anni fa ha messo a nudo la sospetta truffa che si sarebbe basata sull’organizzazione di falsi corsi per aspiranti agenti della stradale, o qualcosa del genere. E nella rete sarebbero caduti tantissimi aspiranti operatori del traffico. Tutti, più o meno, hanno finito per rimetterci quattrini. Così come una della parti lese - che non s’è costituita - e della quale ieri è stata acquisita la precedente dichiarazione resa agli inquirenti. E allora ha spiegato di avere pagato centocinquanta euro in denaro contante.
Già perché quasi tutti i pagamenti - è la tesi dell’accusa - avvenivano in denaro contante. Come peraltro, ieri, hanno confermato i primi testi, due investigatori della Digos che si sono soffermati sullo sviluppo delle indagini. E che durante le perquisizioni che ne sono derivate hanno solo riscontrato un paio di pagamenti in assegni, uno dei quali di trecento euro intestato ad uno dei fratelli coinvolti. Gli investigatori, ieri, hanno spiegato che in occasione della visita dell’allora ministro Carlo Giovanardi si sono accorti di alcune persone, in strada, che indossavano una pettorina con su scritto «Servizio stradale».
Già il giorno dopo è partita una segnalazione per il ministero delle Infrastrutture. E nel momento in cui è stato informato lo stesso dicastero, è emerso che già v’era la denuncia di un funzionario dello stesso ministero che era a conoscenza dell’esistenza di falsi corsi, con il rilascio di attestati, pure quelli fasulli, che riportavano la firma dello stesso funzionario. Nel proseguo delle indagini sono state effettuate, dagli agenti della Digos, perquisizioni in casa degli adesso imputati. E sono saltate fuori pettorine, lampeggianti, palette con la dicitura «Ministero infrastrutture, tesserini plastificati e, in pc, anche file per la preparazione degli attestati.

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