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Contratti nei Comuni, in Sicilia con i precari non si cambia mai

Il sistema del precariato siciliano non regge più. Nessuno sembra volerlo ammettere, ma negli ultimi anni le risorse disponibili sono scese a precipizio, mentre i precari non sono diminuiti di una sola unità. E siccome la spesa corrente è fatta essenzialmente di stipendi, ora purtroppo non ci sono più i quattrini per pagare i precari, ma non c'è neanche rimasto molto da tagliare. Nei quattro anni del governo Lombardo, la spesa corrente è crollata del 25%; in questa legislatura è proseguita la drastica riduzione dei trasferimenti statali, si è ulteriormente ridotto il gettito delle tasse ed il patto di stabilità ha continuato a serrarsi.
Con queste premesse, non bisognava aggredire l'impressionante monte stipendi della Sicilia? In un solo anno tra il 2011 ed il 2012, mentre le spese correnti sono rimaste immutate, le spese per investimenti sono cadute del 24%; è la conferma, come sottolinea la Corte dei Conti della Sicilia, della incomprimibilità della spesa corrente e del sostanziale azzeramento della spesa per investimenti, l'unica che può assicurare una prospettiva di uscita dal girone infernale nel quale è precipitata l'economia siciliana. L'assessorato dell'Energia, esemplifica la Corte dei Conti, disponendo di risorse per investimenti pari a 932 milioni, ha impegnato appena 207 milioni, ma ha effettivamente erogato appena 29 milioni!
La stessa Corte dei Conti non esita a denunciare che il volume e la rigidità della spesa corrente «pongono a serio rischio l'equilibrio del bilancio regionale». Forse è per questo che il consueto appuntamento con la «parifica» di bilancio, da parte della Magistratura contabile, suscita quest'anno una maggiore apprensione tra le forze politiche.
Le cronache degli ultimi giorni raccontano del conflitto tra Regione e Comuni. Purtroppo il profilo politico assunto dal contrasto fa perdere di vista il cuore del problema; solo i Comuni siciliani hanno in pancia 18.025 lavoratori precari, con un costo di 230 milioni di euro, mentre la spesa complessiva per i dipendenti comunali è ormai prossima a 1,8 miliardi di euro all'anno; numeri questi «difficilmente conciliabili con i vincoli statali di contenimento delle dinamiche retributive ed occupazionali». Come stupirsi poi se, complici i ritardi della Regione, le anticipazioni bancarie dei Comuni siciliani rappresentino «un terzo dell'intero ammontare nazionale e siano tredici volte più elevate del Nord Italia»? Come stupirsi dei 400 milioni di debiti fuori bilancio? Come stupirsi se il mal funzionante sistema di smaltimento dei rifiuti ha generato un indebitamento di 1,3 miliardi di euro? Eppure nessuno sembra interrogarsi sul tema centrale: perchè in Sicilia persiste «un palese sovradimensionamento degli organici degli enti locali»? Molti sindaci asseriscono che i precari sono ormai indispensabili; è possibile. Ma perchè in Sicilia servono 110 dipendenti comunali ogni mille abitanti e nel resto d'Italia le cose funzionano (anche meglio) con 70 dipendenti comunali ogni mille abitanti?
Purtroppo da domani la domanda sarà però un'altra: dove prendere i soldi per tenere in piedi questo infernale ed improduttivo meccanismo di spesa, senza mai preoccuparsi di avviare una soluzione strutturale.

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