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Agamennone, venti di guerra e di potere

La tragedia di Eschilo, diretta dal regista Luca De Fusco, aprirà il ciclo del centenario delle rappresentazioni classiche dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al Teatro greco di Siracusa

SIRACUSA. Agamennone arriva dalle viscere della terra, portandosi dietro il suo scudo vincente ma anche la consapevolezza della colpa: è lui ad aver dichiarato guerra a Troia, ad aver immolato la figlia Ifigenia, è lui oggi ad ubbidire agli dei. Clitennestra lo attende, e non è proprio l'esempio della moglie felice: Agamennone la sposa dopo aver ucciso il suo primo marito, Tantalo, e il figlioletto; poi trafigge Ifigenia e parte per una guerra insulsa. Clitennestra ha fame di potere, il suo pugnale attende da dieci anni.
«Agamennone è consapevole dell'eternità del suo mito, non può essere né ancorato ad un kitsch passatista, né può rimpicciolirsi in un eccesso di ambientazione contemporanea - spiega Luca De Fusco che firma il primo capitolo dell'Orestea del centenario del Teatro Greco di Siracusa -. Sarà una tragedia astratta, essenziale, minimale, pochi ornamenti, poche note, pochi colori».
Agamennone aprirà il nuovo ciclo di rappresentazioni classiche venerdì prossimo, sabato seguiranno Coefore ed Eumenidi in un'unica serata, poi domenica toccherà alla commedia, Le vespe. Traduzione di Monica Centanni, l'impianto scenico di Arnaldo Pomodoro si «riempirà» con lo svolgersi dell'Orestea, passando dall'asciutta piazza d'armi di Agamennone alla visionarietà alla Kubrick del dittico.
Per questa edizione del centenario, l'Inda ha scelto cast di rilievo: Mauro Avogadro (sentinella) Elisabetta Pozzi (Clitemnestra), Mariano Rigillo (araldo), Massimo Venturiello (Agamennone), Giovanna Di Rauso (Cassandra), Andrea Renzi (Egisto).
«Siamo abituati ad immaginare un Agamennone vittorioso che ritorna dopo aver distrutto Troia - spiega Venturiello che ventila un coup de théàtre per il suo arrivo in scena - ma si assorbe subito un'atmosfera di morte, la guerra è qualcosa di negativo; lui non è un eroe, ha come un leggero presentimento, anche se vittima di un meccanismo che è al di sopra di lui. La tragedia di Agamennone sta nell'aver compiuto un atto di guerra tremendo, ma per volere del Fato. Reputo molto interessante l'idea della torba, della terra, voluta da De Fusco e Pomodoro, si sposa benissimo con questo viaggio all'indietro dalle viscere».
Elisabetta Pozzi ritorna al Teatro Greco dopo quattro anni, felice di esserci per la trilogia del centenario. «Clitennestra è un personaggio immenso, sfuggente, poliedrico, dalle mille sfaccettature. Inizia in uno stato di sposa, diventa regina, omicida, termina addirittura dopo la sua stessa morte. Mi piace immaginarla come una donna/maschio che prende in mano la situazione della casa, gestisce la sua esigenza di vendetta. E lei ha parecchio da vendicare: l'omicidio del primo marito, il matrimonio imposto con l'Atride, il sacrificio della figlia; Clitennestra non ama Agamennone, è legata a lui da un filo di sangue; ma lo uccide soltanto quando subentra la fame del potere, la smania di essere regina, calpestando Egisto che la tragedia descrive come un vigliacco». La Pozzi lavora per la prima volta con De Fusco, ma è già stata diretta da Daniele Salvo che firma Coefore/Eumenidi. «De Fusco mira alla purezza del racconto, alla nitidezza, lascia gli attori dentro una cornice limpida di estrema semplicità; Salvo lavora molto più su coro, musiche, allestimento. E ama le visioni».

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