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Mazzarino: prostituzione minorile, chieste 11 condanne

MAZZARINO. Undici condanne per l’inchiesta choc legata alla «baby squillo» di Mazzarino. Le ha chieste ieri la procura generale proponendo, nel concreto, la conferma del primo grado del giudizio. Ponendo peraltro il dito su quello che lo stesso sostituto pg Antonino Patti ha indicato come «unico difetto della prima sentenza»: ovvero l’assoluzione dello zio della «lucciola in erba» al centro della sconvolgente vicenda.
Nel concreto le richieste dell’accusa si traducono nella pena a 6 anni e 6 mesi per Cristoforo Boscaglia e Roberto Gulisano; 6 anni ciascuno a Giuseppe Portello, Salvatore Chiolo, Salvatore Frazzetta, Luigi Azzolina, Santino Parlagreco e la romena Irina Pricop; 5 anni a Luciano Bruno Papillo, Carmelo Nicastro Ridolfo e Angelo Ferrigno. Questo il quadro che l’accusa ha prospettato alla corte d’Appello presieduta da Sergio Nicastro (consigliere Mirian D’Amore e Giovanni Carlo Tomaselli). Un quadro a cui si sono rifatte pure le parti civili, ovvero la ragazzina, i suoi genitori e l’associazione «Meter» di don Fortunato Di Noto (assistiti dagli avvocati Gianmarco Gulizia e Maria Suma).
Gli imputati (assistiti dagli avvocati Vincenzo Vitello, Walter Tesauro, Danilo Tipo, Giuseppe Dacquì, Carmelo Terranova, Ernesto Brivido, Patrizia Bonanno, Umberto Terranova, Vincenzo Trantino, Alessandro Pruiti Ciarello, Carmelo Trentino, Davide Limoncello, Fausto Giuliana e Francesco Marchese) sono accusati, a vario titolo, di violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione ai danni di una tredicenne di Mazzarino.
Ieri, prima delle conclusioni della procura generale, due imputati hanno chiesto di essere autorizzati a dichiarazioni spontanee. Che sono state rese da Chiolo e Boscaglia che, con forza, hanno respinto le infamanti accuse piovute su loro. Ma poi il pg Patti è andato dritto al cuore delle questione rimarcando pure che qualcuno, tra i clienti della ragazzina, l’accompagnò in ospedale per farla abortire.
Tutto ruota attorno al giro di prostituzione che avrebbe avuto il fulcro nell’adolescente. E la sconcertante storia è venuta a galla quasi per caso. Quando il padre della ragazzina s’è insospettito per alcuni «sms» letti al telefonino della figlia. Le indagini dei carabinieri hanno fatto il resto. Trascinando una dozzina d’imputati. Solo uno di loro dal primo processo è uscito indenne. Gli altri no. E ora sperano nell’appello.

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